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  • Writer's pictureElpidio Pezzella

L’amore fraterno

Vi riconosceranno dall’amore che portate gli uni per gli altri.

Giovanni 13:35

Lo scrittore agli Ebrei dopo aver ampiamente delineato l’opera di Gesù attraverso una rilettura dei testi veterotestamentari per orientare i credenti disorientati e scoraggiati, non dimentica di esortare i destinatari a un impegno che si deve protrarre nel tempo: “Continuate nell’amore fraterno” (Ebrei 13:1). Il testo greco adopera «philadelphía», che è l’amicizia, l’amore fraterno, e poi il verbo «menéto» “rimanga” e si potrebbe tradurre “l’amore fraterno resti, duri, resista”. Il Signore è venuto a portare sulla terra la capacità di vivere insieme, da amici e da fratelli, e di essere comunità insieme. Non a caso ha detto: “Vi riconosceranno dall’amore che portate gli uni per gli altri”. Non si può amare un giorno e basta; non si può amare a giorni alterni; non si può amare quando ne abbiamo voglia o bisogno. L’amore è per ogni tempo, e trova la sua manifestazione secondo il tanto noto dettato di 1Corinti 13. L’amore non ha porte chiuse, anzi è sempre pronto ad aprirsi all’altro per accogliere ed ospitare. Infatti, è l’ospitalità il soggetto dell’esortazione successiva, per qualcuno la prima porta dell’amore.


Nella celebrazione pasquale gli ebrei sono soliti apparecchiare sempre un posto in più perché “Chi ha fame venga e mangi, e faccia Pésach (Pasqua) con noi”. Nel mondo veterotestamentario l’accoglienza era fondamentale, non si conoscevano alberghi e gli spostamenti erano possibili solo se le famiglie ospitavano i pellegrini, i viandanti. Gli apostoli e tutti i ministri del vangelo nei primi secoli hanno potuto girare il mondo grazie all’ospitalità, perché hanno trovato vitto e alloggio nelle abitazioni di persone aperte disponibili. Ai nostri giorni, specialmente nel mondo occidentale, è andato affievolendosi questo calore, mentre nella primitiva comunità cristiana l’ospitalità era un esempio forte di amore fraterno, modello dell’accoglienza divina.


L’invito del capitolo finale agli Ebrei è indirizzo di vita comunitaria, con una forte sottolineatura di solidarietà. Lo scrittore, rimasto ignoto, ci lascia in poche battute quella che potrebbe definirsi una breve ‘summa' dell’ideale cristiano: vivere in carità, castità, povertà, obbedienza. Non esorta semplicemente a visitare i prigionieri, ma a considerarsi loro compagni quindi a partecipare realmente alla condizione altrui: poveri con i poveri, malati con i malati, prigionieri con i prigionieri. Siamo davanti alla richiesta di un cambio di mentalità, una vocazione alla misericordia e alla compassione contro ogni forma di arroganza, perché si deve curare (amare) non per obbligo. Il culto al Signore è in parte reso attraverso le proprie azioni concrete. Il samaritano lungo la strada di Gerico non aveva obblighi, e, differentemente dal sacerdote e dal levita, palesa una mentalità di solidarietà. Come il Cristo si è fatto in tutto simile ai fratelli e ha condiviso in tutto la nostra esperienza, così noi siamo chiamati a fare altrettanto. Gesù non si è presentato come il Dio benefattore che elargiva miracoli grazie a chiunque glieli chiedeva, ma “si è fatto uomo”, partecipando alla condizione dell’essere umano.


Spiace constatare che la fede ai nostri giorni continua ad essere proposta in forma sempre più liquida, ossia senza contatti e relazioni, senza la comunità con l’altro da amare e servire: al rifiuto di ogni forma di obbligo corrisponde anche un totale disinteresse al bene altrui. I primi ad essere ignorati sono i ministri di riferimento. Si predilige la riservatezza, il custodire privatamente ciò che riguarda la proprio vita e si rifiuta ogni tipo di guida. Si va ad un pozzo qualsiasi e si accinge a secondo della propria sete, senza il bisogno del conduttore, contrariamente a quello che indica la Scrittura. Eppure chi sminuisce il ruolo pastorale dimentica chi lo ha accudito e allevato nelle vie del Signore. Lo scrittore: “Ricordatevi dei vostri conduttori, che vi hanno annunziato la parola di Dio e, considerando il risultato della loro condotta, imitate la loro fede” (Ebrei 13:7). E più avanti: “Ubbidite ai vostri conduttori e sottomettetevi a loro, perché essi vegliano sulle anime vostre, come chi ha da renderne conto, affinché facciano questo con gioia e non sospirando, perché ciò non vi sarebbe di alcun vantaggio”. Non mancano altre proposte di fede, centrate esclusivamente sull’adorazione totale a discapito del prossimo, vicino e/o lontano, “gli uni e gli altri”. Resistendo ad ogni tentazione di giudizio, esaminiamo noi stessi, concedendoci una personale riflessione, ovviamente con tutti i distinguo che si possono fare o immaginare.



 

Piano di lettura settimanale

della Bibbia n. 44

24 ottobre Geremia 3-5; 1 Timoteo 4

25 ottobre Geremia 6-8; 1 Timoteo 5

26 ottobre Geremia 9-11; 1 Timoteo 6

27 ottobre Geremia 12-14; 2 Timoteo 1

28 ottobre Geremia 15-17; 2 Timoteo 2

29 ottobre Geremia 18-19; 2 Timoteo 3

30 ottobre Geremia 20-21; 2 Timoteo 4




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