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Immagine del redattoreElpidio Pezzella

Lo Spirito mi ha costretto

Se dunque Dio ha dato loro lo stesso dono che abbiamo ricevuto noi, che abbiamo creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io da potermi opporre a Dio?

Atti 11:17

Nel libro degli Atti non c’erano chiese (comunità/edifici), come le intendiamo oggi, ma di casa in casa la testimonianza si diffondeva. Quando all’inizio del ‘900, un “revival” ha cominciato a divampare in diversi paesi e nazioni, coloro che ne fanno esperienza non hanno alcuna intenzione di fondare una nuova chiesa. Tutt’altro. Saranno costretti successivamente quando non accettati dalle loro comunità di origine. Nessun risveglio è mai passato in modo pacifico. E l’episodio del capitolo 11 di Atti ne è la prova. L’apostolo Pietro, dopo essere stato in casa di Cornelio, sfidato dallo Spirito ad andare oltre i suoi pregiudizi legalistici, deve giustificarsi a Gerusalemme con i fratelli ancorati all’ebraismo. La sua difesa sarà: “Ero come in estasi. Lo Spirito mi ha costretto”. E furono queste parole a risolvere il nascente problema comunitario. Davanti allo Spirito gli uomini tacciono. La chiesa di allora riconosceva allo Spirito il diritto di precedenza, come accadrà ad Antiochia e dovunque. Può accadere ancora? Siamo in grado di riconoscere la Sua azione?


Associare l’agire dello Spirito unicamente alla preghiera, di un singolo o di una comunità, è alquanto riduttivo. La preghiera serve certamente a noi ad affinare i nostri sensi spirituali, per discernere se è a Dio o meno, per comprendere la scelta migliore da compiere. Vorresti essere tra chi può raccontare come Pietro: “Lo Spirito mi ha costretto”? La nostra appassionata invocazione oggi dovrebbe essere “Costringimi”, con maggiore coraggio, intriso da un’umile consapevolezza della nostra condizione. Sia chiaro però che ogni costrizione dello Spirito potrà andare sì oltre il nostro modo di pensare, ma non contro le Scritture. Dio non contraddice mai se stesso. Pietro andò da Cornelio portando l’Evangelo e la salvezza secondo i piani di Dio, mentre Paolo consegnerà Imeneo e Alessandro al diavolo dopo che questi “hanno fatto naufragio nella fede”, finendo addirittura a bestemmiare (1 Timoteo 1:19-20).


La teologia dello Spirito è teologia della presenza divina. Una presenza “santa”, come indicato dall’aggettivo che lo segue o lo precede. Lo Spirito è santo perché santifica la nostra vita: “chi è santo continui a santificarsi”, esorta l’Apocalisse (22:11) nelle battute finali. Si tratta di una presenza anche di libertà: “Or il Signore è lo Spirito, e dov’è lo Spirito del Signore, vi è libertà” (2 Corinzi 3:17). Una libertà interiore, morale ed etica insieme, che frantumando il peccato restituisce a ciascuno di noi una autonomia spirituale fonte di ogni altra libertà (Galati 5:13). La libertà a cui siamo chiamati è regolamentata dalla Legge dello Spirito, “perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte” (Romani 8:2). Sia chiaro: non vi è libertà dove la Legge è assente. La Legge dello Spirito guida il credente nei sentieri della Parola, non in un clima di misticismo, ma di rivelazione e di disvelamento, aiutandolo a porre la propria vita nella sequela del Cristo, e mai al Suo posto. Nessuno arroghi a sé la proprietà o il controllo dello Spirito. Se alle origini del risveglio pentecostale espressioni come “Io ho lo Spirito” erano tollerabili per la poca cultura, oggi non più. Non possediamo mai lo Spirito, ma desideriamo che lo Spirito abbia il pieno controllo delle nostre vite.


Mentre leggi lo Spirito può rivelare la Sua presenza, creando qua e là il miracolo della fede. Trovo opportuno con un monito di Vittorio Subilia (1966): “Ogni qualvolta la Chiesa fa dello Spirito di Dio un profugo, è lei – la Chiesa – non lo Spirito, a diventare vagabonda.” Ovunque la situazione risulti grave, ricordiamo che non può essere risolta con soluzioni umane, ma il padrone del campo interverrà sempre al tempo opportuno. L’opera è Sua! Per quanto riguarda il discorso sullo Spirito, noi abbiamo il dovere di tenerlo vivo e aperto. Per questo auspico che possiamo a lungo esercitarci a familiarizzare con lo Spirito. Ciò che mi rende fiducioso e mi consente di dormire sereno è la verità così descritta: “Lo Spirito c’è, anche oggi, come al tempo di Gesù e degli apostoli: c’è e sta operando, arriva prima di noi, lavora più di noi e meglio di noi; a noi non tocca né seminarlo né svegliarlo, ma anzitutto riconoscerlo, accoglierlo, assecondarlo, fargli strada, andargli dietro. C’è e non si è mai perso d’animo rispetto al nostro tempo; al contrario sorride, danza, penetra, investe, avvolge, arriva là dove mai avremmo immaginato. Di fronte alla crisi nodale della nostra epoca che è la perdita del senso dell’invisibile e del trascendente, la crisi del senso di Dio, lo Spirito sta giocando, nell’invisibilità e nella piccolezza, la sua partita vittoriosa” (C.M. Martini 2002).


 

Piano di lettura settimanale

della Bibbia n. 31

24 luglio Salmi 35-36; Atti 25

25 luglio Salmi 37-39; Atti 26

26 luglio Salmi 40-42; Atti 27:1-26

27 luglio Salmi 43-45; Atti 27:27-44

28 luglio Salmi 46-48; Atti 28

29 luglio Salmi 49-50; Romani 1

30 luglio Salmi 51-53; Romani 2




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