Molti autori usano serenamente il termine "pentecostalismo" per riferirsi al movimento pentecostale, mentre altri accademici preferiscono "pentecostalesimo", tra questi il prof. Carmine Napolitano, che così risponde al quesito: È più corretto dire “pentecostalismo” o “pentecostalesimo” quando si vuole indicare l’insieme delle tendenze e delle caratteristiche del mondo pentecostale?
La questione potrebbe sembrare pedante e perfino inutile; forse lo è, ma spesso dietro le pedanterie possono nascondersi tratti di identità e di auto comprensione che non andrebbero sottovalutati e, anzi, rispettati; soprattutto quando si toccano definizioni religiose, come in questo caso. Naturalmente non si ignora che in inglese il termine usato è ‘pentecostalism’; ma noi siamo in Italia, dove si discute, per esempio, se sia corretto dire ‘evangelico’ o ‘evangelicale’ perché la diatriba malcela precise identità e posizioni a cui nessuno dei contendenti rinuncia. E, anzi, spesso si insiste sull’uso dell’uno o dell’altro termine per marcare le distanze. Quindi, anche la nostra questione è fondata. Naturalmente ognuno è libero di usare il vocabolo che ritiene più opportuno; d’altra parte, anche scrittori pentecostali usano il termine ‘pentecostalismo’ forse perché il problema non se lo sono mai posto o semplicemente perché seguono una moda linguistica accolta un po’ acriticamente. Il fatto, poi, che sia entrato nell’uso, non significa molto. Vi sono diverse ragioni per cui sono convinto che si debba tenere il punto sulla questione.
Una ragione linguistica
In riferimento ai pentecostali negli anni sono stati usati diversi aggettivi alquanto improbabili: pentecostisti, pentecostieri, pentecostalisti, ecc. Nessuno oggi userebbe questi sostantivi in alternativa o in sostituzione di ‘pentecostali’. Questo è l’aggettivo corretto per indicare quei cristiani che hanno negli eventi di Pentecoste narrato nel libro degli Atti degli apostoli, capitolo 2, il loro riferimento ideale, teologico e spirituale. ‘Pentecostale’ è un sostantivo con suffisso in – ale; sembra piuttosto logico che per indicare l’insieme dei tratti caratteristici della famiglia cristiana che propone questo riferimento si usi il sostantivo ‘pentecostalesimo’ mantenendo il suffisso – ale presente nel sostantivo di partenza. Se le persone che si rifanno alla Pentecoste sono ‘pentecostali’, la corrente cristiana che li rappresenta è il ‘pentecostalesimo’.
Una ragione semantica
-ismo [dal lat. -ismus, gr. -ισμός] è un suffisso di molti vocaboli astratti, taluni derivati dal greco (dove hanno origine verbale) e i più formati posteriormente (tratti in genere da sostantivi o aggettivi). In genere viene usato anche per indicare movimenti religiosi (per esempio: induismo, buddismo, islamismo, ecc.); ma da molto tempo, ormai, la tendenza è di non usare più questo suffisso per indicare questi ultimi in special modo in ambito cristiano; infatti non si dice ‘cristianismo,’ protestantismo’, ‘cattolicismo’, ‘anglicanismo’ ma ‘cristianesimo’, ‘protestantesimo’, ‘cattolicesimo’, ‘anglicanesimo’. E, credo, andrebbe detto ‘religione indù’, ‘religione islamica’, ‘religione di Buddha’, ecc. Anche qualche tendenza letteraria viene ormai proposta con questo suffisso: ad esempio, ‘carduccianesimo’.
La ragione di una scelta del genere è nel fatto che probabilmente, come è stato sostenuto, «l’Europa è il brodo di coltura lessicale degli -ismi, i quali hanno una storia antica e classica di tutto rispetto: ci accontentiamo del latino tardo Christianĭsmu[m], dal greco Khristianismós? (…) Almeno a partire dalla Rivoluzione francese, questi -ismi sono sempre più connotati in senso ideologico, e sempre più spesso si caricano di intenzioni comiche e ironiche, talaltra polemiche, anche violentemente polemiche». Pertanto, perché non usare ‘pentecostalesimo’ anziché ‘pentecostalismo’ per evitare di caratterizzare in senso ideologico le posizioni pentecostali? Considerandole, appunto, ‘posizioni’ e non ‘pose’?
È vero che in taluni casi, come ad esempio ‘calvinismo’, o ‘evangelismo’ la definizione non indica una valenza negativa; ma è altrettanto vero che in ogni caso il riferimento è ad una corrente di pensiero più o meno legata ad alcuni parametri di fondo: il pensiero di Calvino nel primo caso, il messaggio evangelico nel secondo caso. Tuttavia, è evidente che entrambi non esprimono una posizione lineare; se si vuole indicare il pensiero di Calvino si dirà ‘calviniano’ (come, peraltro, si distingue ‘marxista’ da ‘marxiano’) e se si vorrà indicare l’insieme delle posizioni o della storia degli evangelici si dirà meglio ‘movimento evangelico’ protestante o di altro genere. Perché esiste un ‘evangelismo’ protestante, uno cattolico, ecc.
Una ragione ecumenica
Bisognerebbe rispettare anche linguisticamente il modo in cui le persone, i gruppi, i movimenti, le chiese, le confessioni religiose individuano e caratterizzano i contenuti della propria fede e della propria spiritualità; è uno dei capisaldi del dialogo ecumenico accogliere l’altro a partire dalla sua auto comprensione e dalla sua auto definizione perché le narrazioni tese a spiegare e a comprendere la propria storia, la propria teologia, la propria spiritualità sono fondanti e fondamentali e costituiscono il tratto dell’identità. Tale inclinazione al rispetto non andrebbe coltivata solo da chi si interessa di cose religiose, ma anche (e forse di più) dagli studiosi ‘laici’ (si passi il termine peraltro un po’ ambiguo in questa sede); le scienze umane che studiano i fenomeni religiosi hanno tutto da guadagnare se riescono a penetrare le ragioni intime che disegnano i tratti identitari degli ambiti che studiano anche a partire dalla definizioni linguistiche.
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