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  • Writer's pictureElpidio Pezzella

Alla piscina di Betesda

Gesù vedendolo disteso e, sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: «Vuoi guarire?».

Giovanni 5:6



Tra i segni che il vangelo di Giovanni ci propone troviamo il racconto di un uomo paralitico da trentotto anni. Siamo a Gerusalemme durante una “festa dei Giudei”, che non viene specificata, il che suscita una considerazione. Si tratta di una festa appartenente ai Giudei, al popolo, e non a Dio; proprio come accade oggi tra noi, con alcune feste nate per glorificare Dio e poi nel tempo divenute soltanto un rito della tradizione. Nel capitolo successivo troviamo un riferimento alla prossimità della Pasqua, la festa dei Giudei (6:4). Ogni pio israelita saliva a Gerusalemme almeno tre volte all’anno, e Gesù è tra questi, anche se si reca in un luogo non gradito ai puri di Israele, il cui nome compare nei vari manoscritti in diverse versioni. Quello ritenuto il più probabile è Betesda, che significherebbe “casa della misericordia”. Qui vi era una piscina con una doppia vasca, ove venivano lavate le pecore, che poi finivano sacrificate al tempio.


Qui accadeva qualcosa di particolare così spiegato: delle sorgenti attigue alle piscine irrompevano con qualche getto d’acqua, creando un flusso di corrente nel bacino che altrimenti sarebbe stagnante. Ciò creava dei mulinelli di acqua interpretati come eventi soprannaturali. Ciò aveva favorito una religiosità popolare dando al luogo una certa notorietà, anche se la classe sacerdotale non vedeva di buon occhio questo genere di credenze. La chiosa al verso 4, non presente in tutti i nostri manoscritti, appare come una nota esplicativa di un copista per spiegare e giustificare la presenza della folla: “Un angelo infatti in certi momenti discendeva nella piscina e agitava l'acqua”. Anche oggi abbiamo i nostri luoghi di folla, dove “disperati” si recano in un cerca di soluzione al loro dramma, quasi sempre con una fede approssimativa e con modi più vicini alla superstizione che alla nuova vita in Cristo. La scena descritta è appunto drammatica: una folla di malati di ogni tipo, esclusi dal tempio per la loro condizione fisica, si accalca ai bordi della piscina in attesa del movimento “miracoloso”, pronti a scatenare una guerra fra disperati. Tutti accomunati dalla malattia, non hanno pietà dell’altro. Ciascuno aspetta per sé, pronto a credere ogni cosa pur di sopravvivere.


Mentre ci interroghiamo, costoro sono simili a quanti lottano e sperano quotidianamente appellandosi a chiunque pur di guarire. La gente accalcata sotto i portici non prega, non offre sacrifici, non crede, spera soltanto che qualcuno in buona salute gli dia una mano. Gesù è lì, si reca proprio in quel posto, anziché andare al tempio. Va alla piscina, dagli ultimi, gli ammalati, gli esclusi, gli abbandonati, i poveri anche nella fede. Ancora una volta Gesù mostra di non essere venuto a condannare, ma a salvare, ed anche guarire. Mentre noi giudichiamo, Lui incontra chi aspetta, non li ignora e non li umilia se non formulano una preghiera raffinata o non manifestano una visione matura della fede. E lì tra la folla, nota un uomo che ha trascorso una vita intera a mendicare e a sopravvivere fra gli stenti e il giudizio altrui. Si informa, si avvicina, e gli chiede “Vuoi essere guarito?”.


La domanda sembra sciocca, senza un senso logico, tanto è evidente la risposta. Eppure costringe a riflettere. Dietro c’è una richiesta di cambiamento. Guarire voleva dire smettere di elemosinare e lavorare, uscire fuori dalla logica che aveva caratterizzato la sua vita, cominciare a reagire e a combattere. Ora tocca a lui rispondere. Ci accorgiamo che non ha afferrato, dato che comincia a giustificarsi, parla della piscina e di essere solo. Avrà pensato che Gesù lo voleva aiutare a scendere nell’acqua?! Poi si sente ordinare: “Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina”. Tre imperativi. E accade. L’uomo si alza, prende il suo lettuccio e inizia a camminare. Gesù ha ribaltato la sua condizione. Fino a quel momento era trasportato da altri su quel giaciglio, ora è lui a portare il lettuccio, senza aver toccato un lembo d’acqua. Non posso che pregare affinché accada lo stesso nella tua vita. Di quello che succede dopo ne parleremo la prossima settimana.

 


 

Piano di lettura settimanale

della Bibbia n. 12

18 marzo Giosuè 1-3; Marco 16

19 marzo Giosuè 4-6; Luca 1:1-20

20 marzo Giosuè 7-9; Luca 1:21-38

21 marzo Giosuè 10-12; Luca 1:39-56

22 marzo Giosuè 13-15; Luca 1:57-80

23 marzo Giosuè 16-18; Luca 2:1-24

24 marzo Giosuè 19-21; Luca 2:25-52

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