Sono da sempre un sostenitore della chiesa dei bambini. Non tirare frettolose conclusioni, aspetta che mi spiego. Non mi sto riferendo alla chiesa ove i bambini officiano le riunioni e vestono i panni dei predicatori. Lungi da me quella che è una delle tante derive del mondo evangelico. Come blogger tiro un sasso nello stagno per suscitare una reazione, una presa di coscienza. Non è mio ruolo offrire soluzioni. Veniamo al dunque.
Ritengo importante che la chiesa abbia servizi dedicati ai bambini e che si rivolgono loro secondo fasce di età per una serie di motivi che non staremo a considerare ora. Sono grande estimatore di quella che è conosciuta come Scuola Domenicale, ossia dei percorsi di avvicinamento alla fede e alle Scritture strutturati per i più piccoli, patrimonio di ogni comunità cristiana. Detto questo, c’è oggi un atteggiamento diffuso in molte chiese di tenere sempre i più piccoli separati dagli adulti durante le riunioni generali, reputandoli un intralcio rumoroso o un fastidio alla spiritualità dei grandi. Ammesso che i bambini possono avere incontri specifici dove possono imparare e adorare Dio, da genitore e insegnante sono profondamente convinto che hanno bisogno di essere presenti e partecipi al culto principale con il resto della chiesa, soprattutto al fianco di mamma e papà quando possibile.
Come si fa? Siccome i cambiamenti drastici possono essere difficilmente assimilati, e soprattutto non essere accolti nel loro spirito, tenendo comunque conto delle differenze tra una chiesa e l'altra, penso che si potrebbe lavorare a un graduale inserimento. Ad esempio, una volta al mese o al trimestre sospendere attività alternative o parallele (riunioni scuola domenicale o aree intrattenimento). Personalmente opterei affinché fosse fatto a settimane alterne, trasferendo pubblicamente da subito le ragioni per le quali i bambini dovrebbero partecipare regolarmente al servizio principale, così da sensibilizzare la comunità e far comprendere che nella chiesa i bambini sono di tutti. Innanzitutto demolirei l’idea che i bambini devono essere allontanati dalla sala di riunione per far stare comodi gli adulti. La verità è che alcuni genitori sono incapaci di gestirli e educarli, così preferiscono “parcheggiarli” per godersi il culto. Ci sono anche conduttori che esigono una riunione senza rumori, per timore di perdere il filo della conduzione o della predicazione alla minima distrazione.
In determinate occasioni potrebbe essere giusto o opportuno non avere la presenza dei bambini, ma in generale le Scritture mai parlano di offrire a Dio un servizio “professionale”, né di soddisfare i nostri bisogni egoisticamente. Piuttosto il Vangelo (Gesù proprio) ci dice chiaramente di non escludere i più piccoli: «Lasciate i bambini, non impedite che vengano da me, perché il regno dei cieli è per chi assomiglia a loro» (Matteo 19:14). Infatti, i bambini sono oggetto di cura particolare dal parte del Signore. La Bibbia non li presenta come una parte “fastidiosa”, sono i discepoli a ritenerli tali. Noi tutti riferendoci loro siamo concordi nel presentarli come una parte importante della chiesa (il futuro, la chiesa di domani). Domandiamoci allora perché tendiamo nei fatti ad escluderli? In alcune realtà addirittura si riserva un tempo dedicato esclusivamente loro con un breve messaggio biblico prima della predicazione, o dando loro la possibilità di elevare un canto in gruppo. Nell’Israele antico, durante la festa delle Capanne, tutto il popolo era convocato per ascoltare la lettura della Legge, così anche i bambini potevano imparare a temere il Signore. «…gioirai nella tua festa, tu, tuo figlio e tua figlia, il tuo servo e la tua serva, e il Levita, lo straniero, l'orfano e la vedova che sono entro le tue porte» (Deuteronomio 16:14). L’apostolo Paolo, nonostante non fosse genitore, li considerava parte della chiesa, riservando loro indicazioni specifiche (Efesi 6:1-4).
I bambini imparano innanzitutto osservando. Chi ha (o ha avuto) figli sa come essi ripetono quel che ascoltano o vedono fare. Per questo hanno bisogno di buoni esempi anche su come adorare il Signore. Se non vedono mai i genitori nel culto, non sapranno come adorare. Nello stesso tempo hanno bisogno di sentirsi parte della comunità. Averli nel seno della chiesa li aiuta a crescere integrati nella famiglia spirituale e sensibilizza gli adulti a tener conto della loro presenza. Non deleghiamo sempre ai monitori della scuola domenicale ciò che è invece responsabilità prima dei genitori e poi di tutto il ministero. L’esperienza testimonia che i bambini che non si sentono parte della comunità lasciano più facilmente la chiesa una volta cresciuti. Un bambino che pur essendo stato in chiesa tutta la vita, ma che non ha mai partecipato al culto, vive uno shock nel momento del passaggio definitivo nella chiesa degli adulti. Andare in chiesa per lui equivaleva a giocare, cantare, e ascoltare una storia della Bibbia con una lezione interattiva. Quando si ritrova poi nella chiesa, scopre che non ci sono giochi o storie interattive, non conosce nessuno della folla che lo circonda, si sente un corpo estraneo. È troppo cresciuto per stare vicino a mamma e papà, anch’essi ora due sconosciuti. Che dire del momento in cui si ritrova ad ascoltare una predicazione che dura circa un’ora, e lui non è abituato a stare tanto tempo senza muoversi? Non sarà difficile immaginare come uscirà dalla chiesa e quale sarà la sua reazione a quell’esperienza. Nel giro di poco tempo deciderà che quello non è il suo posto. I genitori potranno trattenerlo e obbligarlo fin quando maggiorenne deciderà di andarsene. Il minimo che potrà accadere è che si cercherà una chiesa ospitale e meno noiosa. Questo potrebbe anche spiegare il proliferare di movimenti giovanili distaccati dalle chiese. Esaminiamoci e consideriamo quanto è in nostra possibilità e che invece stiamo omettendo.
Foto di s s, www.freeimages.com
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