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Immagine del redattoreElpidio Pezzella

Cambiare la chiesa

 

Gesù gli disse: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; ma tu va' ad annunziare il regno di Dio».

Luca 9:60



Viviamo in una società in continua evoluzione, dove chi rimane indietro è spesso considerato perduto. Come dicono i giovanissimi è un “boomer”. Siamo così tutti sollecitati a un qualche cambiamento per stare al passo coi tempi che corrono, ma è anche per non perdere le opportunità che la vita generosamente ci offre. Nonostante sia una lotta continua, vivere resta pur sempre emozionante e può essere un’eterna primavera, se sappiamo accogliere il nuovo senza farci travolgere o finire in pezzi come gli otri. Gesù, infatti, parlò di vino nuovo bisognoso di barili nuovi (Marco 2:22), della necessità di discernere le circostanze. In altra occasione affermò di essere venuto per donare vita in abbondanza o esuberanza (Giovanni 10:10), e quindi a donarci la possibilità di sognare e credere in un mondo migliore, chiesa inclusa. Forse è questa una delle grandi sfide delle attuali generazioni, chiamate a non ignorare gli stimoli per una chiesa al passo con i cambiamenti, capace di lasciarsi trasportare da quel Vento di cui si ignora provenienza e destinazione, ma il cui passaggio è ben riconoscibile. Allora mi chiedevo, dato l’ampio panorama di realtà diverse l’una dall’altra, se chi non è appagato non faccia prima a cambiare la propria comunità (chiesa) di appartenenza.


Chi non ha mai pensato di cambiare chiesa perché insoddisfatto dello stato attuale o semplicemente perché coinvolto in qualche discordia interna? Premesso che non esiste la comunità perfetta, uno spera di vivere in quella a lui più affine, al pari di una famiglia con i suoi pro e contro. A volte si sperimenta la conversione in un contesto, poi si decide di vivere il proprio cammino altrove per tante ragioni. Non intendo in alcun modo con questa riflessione avallare le voglie di migrazione di alcuno, né fornire alibi a qualcun altro. Piuttosto desidero offrire uno spunto affinché maturi la convinzione che tutto può migliorare, e soprattutto che dovremmo adoperarci a riguardo, anche quando la soluzione più immediata sarebbe cambiare aria. E chi abbandona, si sente come l’aspirante discepolo invitato a lasciare “i morti”. Sì, è indiscutibilmente vero che qualunque cambiamento richiede rinunce e quindi costerà fatica, soprattutto quando all’interno coesistono generazioni diverse. Il primo a risentirne è il conduttore che, preso dalla mole di responsabilità quotidiane, non riesce ad avere una visione chiara di ciò che accade. Nel contempo, preda della gestione materiale, non si accorge dei «campanelli di allarme» di chi sta vivendo la comunità in uno stato di paralisi forzata, mentre vorrebbe vedere valorizzate le potenzialità sue o di altri. Non potendo fare molto, il malumore si insidia e dilaga col passare del tempo.


Come fare non saprei. Consiglierei di chiederci cosa ci tiene insieme quando non andiamo d’accordo, perché la soluzione alla voglia di cambiamento non è cambiare la struttura della Chiesa, ma l’essere Chiesa, cambiando come Chiesa tutti assieme. Ogni comunità dovrebbe essere una tavola imbandita dove tutti hanno un posto, dove anche chi non ha nulla può sedersi con dignità e godere della condivisione. Anche se ciascuno avrà la sua “trave” in un occhio che gli impedisce di vedere bene, quel “ma tu va' ad annunziare il regno di Dio” è la chiave di volta. La nostra risposta a quel mandato ci consentirà di guardare alle sfide di oggi, anche quelle interne, senza perdere di vista la centralità della fede. Il cambiamento dovrebbe essere parte del nostro stile di vita. Ogni giorno, portando il suo affanno, ci chiama a modificare, rinnovare, trasformare. Personalmente sogno un cambiamento che riguardi tutto e tutti, dall’organizzazione delle attività alla spiritualità; dalla riforma delle aree ministeriali alla continua conversione di quanti dentro quegli ambiti testimoniano la loro fede. Occorrono persone in grado di adeguare le proprie mappe mentali al mutare delle situazioni, di lasciare da parte quei progetti che spesso confondiamo con il Vangelo. Non si tratta di fare cose diverse dal passato, ma di mutare il nostro modo di essere. In fondo cambiare significa crescere. Sia allora questo desiderio di cambiamento un punto di partenza.



 

Piano di lettura settimanale

della Bibbia n. 39

23 settembre   Cantico dei C. 4-5; Galati 3

24 settembre   Cantico dei C. 6-8; Galati 4

25 settembre   Isaia 1-2; Galati 5

26 settembre   Isaia 3-4; Galati 6

27 settembre   Isaia 5-6; Efesi 1

28 settembre   Isaia 7-8; Efesi 2

29 settembre   Isaia 9-10; Efesi 3

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