Andate; ecco, io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi.
Luca 10:3
Il testo della missione dei settanta descrive cosa vuol dire prendere sul serio il Vangelo e il seguire Gesù: dover fronteggiare, prima o poi, la forza dei lupi che sono nel mondo con la debolezza dell’agnello. Infatti, il Maestro è chiaro, offrendo ai potenziali discepoli una delle immagini più nitide di quella che sarebbe stata la loro esperienza: “come agnelli in mezzo ai lupi”. Parole che possono stupire o lasciare perplessi. Quale folle pastore manda le sue pecore in mezzo a un branco di lupi? Il lupo ha sempre mangiato la pecora e le cose andranno sempre così, quindi gli agnelli saranno carne da macello. Invece no! Gesù usa un linguaggio forte, ma di certo non li sta mandando allo sbaraglio, né è sua intenzione metterli in pericolo. La scena di pecore in mezzo ai lupi offre anche un senso numerico, dove la maggior parte è rappresentata evidentemente dai lupi. Abbiamo dinanzi una situazione paradossale: la pecora è invitata ad andare in mezzo ai lupi per amarli, guidarli nella verità a rischio della propria incolumità. Come è possibile dato che le pecore sono indifese e hanno bisogno di essere guidate? Si tratta di animali privi di qualsiasi forma difensiva. Molti degli erbivori hanno robuste corna, altri hanno buone zampe per darsi alla fuga. Le pecore non hanno corna, salvo qualche montone che può difendere al massimo se stesso. Quindi possono sopravvivere solo in assenza di animali predatori.
Uscendo dalla metafora, Gesù sta esortando i discepoli a parlare della fede senza timore, con il coraggio e la franchezza che la pecora non possiede, ma che lo Spirito avrebbe provveduto. Eppure in natura gli agnelli fanno sempre un brutta fine quando incontrano lupi affamati. Su questo dettaglio probabilmente Gesù chiede un atto di fede: fidarsi del Pastore. La nostra forza non è in noi stessi, ma nella nostra confidanza in Lui. Fede che è anche umiltà, per non fare affidamento sulla borsa e sulle proprie risorse. Il buon Pastore ci sfida a crede nella possibilità che gli agnelli vadano in mezzo ai lupi e riescano non solo a sopravvivere, ma a cambiare l’indole e i modi dei potenziali nemici. Così come il profeta Daniele nella fossa dei leoni. Non ritengo di poco conto il fatto che i discepoli siano mandati in coppia, per prevenire ogni deriva di sentirsi eroi solitari, dei piccoli leoni. I lupi invece sono tutte le persone che compongono la società in cui il credente (come pecora) è chiamato a vivere, testimoniando della sua fede sia con le parole sia con le azioni concrete. Se in alcune circostante non è facile dare testimonianza coerente della propria fede, se in altre può essere motivo di scherno e di disprezzo, non si tratta però di un pericolo mortale, almeno alle nostre latitudini. Dobbiamo piuttosto temere la tentazione di non resistere alle pressioni, talvolta fortissime, delle convenzioni sociali. Incomprensioni, odi, rifiuti, accuse… non sono cose da poco: ma non è possibile affrontare alcuna missione se temiamo il giudizio e il confronto con il mondo.
Abbiamo dinanzi una sfida impegnativa e affascinante, ossia vivere coerentemente la nostra fede. Per farlo non dobbiamo preoccuparci neanche del cambiamento di alcune pecore, che una volta trovato il coraggio di uscire dall’ovile, si vestono da lupi. Gli eccessi sono sempre un difetto. Un antico detto latino recitava: “Homo homini lupus”, ossia l’uomo è lupo per gli uomini. Allontaniamo l’infernale pensiero che per poter vivere in mezzo ai lupi dobbiamo diventare anche noi un po’ lupi. Il cristiano è colui che allo schiaffo porge l’altra guancia, al mantello rubato aggiunge la tunica, non ha bisogno delle maniere forti e violente, di comportarsi come il male per nascondere le sue reali debolezze, ma vince il male con il bene, sempre. Se c’è una verità che dobbiamo tenere a mente è che dal punto di vista spirituale, siamo assolutamente deboli e nulla possiamo da soli. Quella immediatamente successiva è che Dio porta a compimento la Sua potenza nella nostra debolezza, senza lasciarci o abbandonarci mai. Nella consapevolezza della nostra fragilità e debolezza troviamo la forza necessaria, proprio come dichiarava l’apostolo Paolo: “Perciò io mi diletto nelle debolezze, nelle ingiurie, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle avversità per amore di Cristo, perché quando io sono debole, allora sono forte” (2Corinzi 12:10). Credo sia tempo di svestirci dell’arroganza, della presunzione, del voler a tutti i costi imporre le proprie idee. Se siamo “pecore” non avremo alcun istinto violento o aggressivo, ma ci lasceremo condurre dal buon Pastore nell’affrontare ogni tipo di lupo, senza essere minimamente toccati.
Piano di lettura settimanale
della Bibbia n. 06
30 gennaio Esodo 23-24; Matteo 20:1-16
31 gennaio Esodo 25-26; Matteo 20:17-34
01 febbraio Esodo 27-28; Matteo 21:1-22
02 febbraio Esodo 29-30; Matteo 21:23-46
03 febbraio Esodo 31-33; Matteo 22:1-22
04 febbraio Esodo 34-35; Matteo 22:23-46
05 febbraio Esodo 36-38; Matteo 23:1-22
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