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Immagine del redattoreElpidio Pezzella

Non importarti degli altri

Gesù gli rispose: «Se voglio che lui rimanga finché io venga, che te ne importa? Tu seguimi!».

Giovanni 21:22

La figura di Matteo, dalla gabella romana al seguito di Gesù, dai panni dell’esattore a quello di dispensatore di pani e pesci, affascina e stimola la mia immaginazione di lettore della Bibbia. Il nucleo dei discepoli raccolti a Capernaum doveva conoscerlo bene, e chissà quanta simpatia nutriva nei suoi confronti. Si tratta di facili supposizioni, dato quel che accade anche con Zaccheo, il capo dei pubblicani (Luca 19). La cattiva fama degli esattori delle tasse era peggiorata dal fatto che alcuni di loro praticavano l’usura; mentre si attiravano il giudizio di “peccatori” in quanto si abbandonavano a lussi sfrenati, abusi e immoralità. Erano dei poco di buono e nulla facevano per farsi volere un po’ di bene. Gesù non li ha mai approvati, anche se non ha esitato a sedersi a tavola con loro, perché come diceva: “il medico viene per l’ammalato”. Dal momento in cui accoglie l’invito a seguire il Maestro, la vita di Matteo non è più la stessa. Odiato, evitato, sicuramente solo e profondamente freddo. Gesù invece lo illumina e gli riscalda il cuore. Nessuno lo avrebbe voluto a casa propria, il Maestro invita ad unirsi a Lui. Se la prima reazione degli altri sarà stata lo stupore, conoscendo l’indole umana, sono sicuro che non sarà mancato successivamente il sospetto. Sicuramente Matteo era un ottimo contabile, ma Gesù affiderà la cassa a Giuda: forse un modo per evitare ulteriori sospetti nei suoi confronti.


Ogni qualvolta supponiamo qualcosa di ambiguo, diamo spazio al “sospetto” che lede ogni rapporto di fiducia. Infatti, da quel momento si comincia a guardare con diffidenza la persona sospettata. La fiducia acquisita nel tempo, viene spazzata via in un attimo al sorgere di un sospetto provocato da un’azione, anche se il più delle volte è insinuato da terzi. Ecco appunto “insinuare”. Il termine, dal latino sinus, indica un incavo, una piega, un’insenatura appunto, tale da arrivare finanche all’animo. L’azione di insinuare è come lasciare il cavallo a Troia, introdurre un “pericolo” tra le pieghe più strette ed intime. Paolo ammoniva Timoteo nella prima lettera a fare attenzione a coloro che consideravano “la pietà come fonte di guadagno”, perché l’orgoglio di costoro avrebbe generato esclusivamente “invidia, contese, maldicenza, cattivi sospetti, acerbe discussioni”. Volendo attenerci alle indicazioni paoline, dovremmo sforzarci di stimare gli altri per i ruoli che ricoprono e nel caso di credenti fare tutto con il maggiore impegno. La pietà e non il dovere dovrebbe essere la fiamma ardente che anima le nostre relazioni. Tanto più chi riveste ruoli di responsabilità nell’insegnamento e nell’annunzio del vangelo dovrebbe attenersi “alle sane parole del Signore nostro Gesù Cristo e alla dottrina che è conforme alla pietà” (6:3), altrimenti “è un orgoglioso e non sa nulla” (6:4). Nessun altro interesse o motivazione può e deve animare il nostro operato, perché, come già asserito, ne nasceranno solo “invidia, contese, maldicenza, cattivi sospetti, acerbe discussioni”.


Purtroppo non possiamo ignorare che dietro ad apparenti argomentazioni a difesa della verità o di qualche principio biblico, si possono a volte celare opportunismi e la ricerca di “una fonte di guadagno”. In questa direzione si potrebbe collocare la domanda di Pietro «Ecco, noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito; che ne avremo dunque?» (Matteo 19:27). Basta poco al gregge, affidato alle cure pastorali, per allontanarsi: un dubbio che si insinua lieve e silenzioso; il resto lo farà la carenza di discernimento che lo espone all’abilità e alla destrezza di alcuni. Così come il mare si insinua nella grotta, come la brezza leggera si insinua nelle maniche, il sospetto mina ogni relazione. Se invece colpisce non credenti, li rende immediatamente oppositori, perché il sospetto tagliente immediatamente suscita un’idea o un sentimento di avversione. Chissà quanto avrà faticato il Maestro per gestire i caratteri dei primi discepoli, amalgamarmi come squadra nel rispetto reciproco. Eppure i dubbi sollevati nelle ultime ore nei confronti di Giovanni, ci dicono come i risultati tardino ad arrivare (Giovanni 21:20-23). Se è pur vero che alcuni vedono del marcio dappertutto, essendo per natura diffidenti, tutti dovremmo essere più propensi a ritenere sempre il bene, ed in ogni circostanza offrire la possibilità di rappresentare le proprie posizioni.


Preghiamo il Signore affinché ci doni la grazia che ci illumini e che ci riscaldi il cuore. Perché se avremo una mente lucida e un cuore riscaldato dall’amore, riusciremo a vedere nell’altro il buono e il potenziale che Gesù ha visto in lui e in noi. Sarà questa la base per apprendere la formula vincente del servizio ai bisognosi e della condivisione fraterna.


 

Piano di lettura settimanale

della Bibbia n. 07

07 febbraio Levitico 1-3; Matteo 24:1-28

08 febbraio Levitico 4-5; Matteo 24:29-51

09 febbraio Levitico 6-7; Matteo 25:1-30

10 febbraio Levitico 8-10; Matteo 25:31-46

11 febbraio Levitico 11-12; Matteo 26:1-25

12 febbraio Levitico 13; Matteo 26:26-50

13 febbraio Levitico 14; Matteo 26:51-75



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