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Carenza idrica

  • Immagine del redattore: Elpidio Pezzella
    Elpidio Pezzella
  • 4 giorni fa
  • Tempo di lettura: 3 min

Poiché il mio popolo ha commesso due mali: ha abbandonato me, la sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne rotte, che non tengono l’acqua.

Geremia 2:13



Con l’arrivo della stagione torrida in diverse zone del Paese bisogna fare i conti con la crisi idrica. Al tempo di Geremia, probabilmente avevano avuto una stagione particolarmente secca, e le cisterne che custodivano le riserve idriche erano ormai asciutte o al massimo contenevano melma, come quella nel palazzo del principe Malkiah in cui verrà calato successivamente (38:6). Il profeta usa questa immagine per rappresentare la condizione spirituale del popolo: “I nobili fra loro mandano i loro giovani a cercare acqua; essi vanno alle cisterne, ma non trovano acqua e ritornano con i loro vasi vuoti” (14:3). Davanti alle tante cisterne in funzione nel paese, scavate e con le pareti impermeabilizzate con l’intonaco, oppure ricavate in cavità naturali, la situazione è drammatica, non tanto per la mancanza di pioggia, ma perché sono crepate e, quindi, incapaci di conservare l’acqua piovana. Il primo e grave errore commesso è aver abbandonato la fede nel vero Dio, «sorgente di vita» (Salmi 36:10), fonte di acqua viva continua, dove poter attingere all’occorrenza. L’allontanamento dal Signore è seguito dal tentativo di crearsi delle risorse idriche autonomamente, generando questo confronto tra la fonte divina d’acqua viva e una cisterna con crepe che trattiene solo umidità e fango.

 

Triste è dover constatare che ancora oggi l’umanità ama la melma rispetto all’acqua fresca. Siamo di fronte a una scelta sconsiderata, quasi folle, ma è quella che molti continuano a compiere. La costruzione delle cisterne è negazione della provvidenza quotidiana, simile al trattenere oltre il necessario la manna nel deserto o come l’innalzamento della torre di Babele. L’amore di un tempo è lentamente venuto meno (v. 2). La fede in Dio ha la sua irrazionalità, esce dallo steccato della logicità umana, che riterrebbe un’oculata scelta quella di provvedersi delle cisterne per far fronte alla siccità, anche perché in Israele non pioveva per lunghi periodi. Agli occhi di Dio questo è un atto di tradimento nei Suoi confronti. Lo scopo di una cisterna è raccogliere e conservare l’acqua. Il livello è destinato ad abbassarsi già solo per l’evaporazione naturale se non viene costantemente versata altra acqua. Il dramma denunciato però da Geremia è che le cisterne costruite sono crepate. Di certo non si tratta di un atto di condanna contro le opere idriche. Viviamo tempi in cui ogni minima sicurezza va sgretolandosi. Milioni di cisterne sono crepate per una siccità finanziaria, medica o bellica. In queste condizioni ogni tentativo di sopravvivenza è inutile. Si rivelerà presto inutile l’illusione di possedere acqua, quando il popolo, piuttosto che tornare e invocare il suo Dio, prende la strada dell’Egitto “per andare a bere le acque di Scihor” (v. 18) o di altri fiumi.

 

Le parole del profeta ci invitano ad abbandonare una religiosità stantia, apparentemente solida e capiente, ma piena di crepe e tragicamente melmosa, se non addirittura arida e asciutta. Ci esorta a preferire una fede fresca e viva, in quanto animata dallo Spirito. Dove stiamo custodendo la nostra spiritualità, in opere d’uomo o nel tempio dello Spirito? Vorrei sbagliarmi, ma temo che stiamo dando maggior importanza a contenitori esterni piuttosto che all’anima nostra. Etty (Ester) Hillesum (ebrea olandese uccisa ad Auschwitz a soli 29 anni) scriveva nel suo diario: “Dentro di me c’è una sorgente molto profonda. E in quella sorgente c’è Dio”. Anche se lontani da ogni ipotetico campo di concentramento, ma nel bel mezzo di un deserto esistenziale dovremmo riconoscere che Dio è in ciascuno di noi come una sorgente molto profonda, nascosta agli sguardi esterni. Purtroppo su quella fonte, per ragioni varie, deponiamo cumuli di pietrisco e sabbia, e l’acqua fa fatica a scorrere, compressa sotto dubbi, ansie, paure e tormenti vari che progressivamente affievoliscono lo spirito. Possa lo Spirito trasportarti nei pressi della città di Sicar in Samaria, dove Gesù, seduto sul parapetto del pozzo di Giacobbe, e come alla donna venuta ad attingere acqua, rivolge a te queste parole: «Chiunque beve di quest’acqua, avrà ancora sete, ma chi beve dell’acqua che io gli darò non avrà mai più sete in eterno; ma l’acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d’acqua che zampilla in vita eterna» (Giovanni 4:13-14).

 


Piano di lettura settimanale

della Bibbia n. 27

30 giugno Giobbe 17-19; Atti 10:1-23

01 luglio Giobbe 20-21; Atti 10:24-48

02 luglio Giobbe 22-24; Atti 11

03 luglio Giobbe 25-27; Atti 12

04 luglio Giobbe 28-29; Atti 13:1-25

05 luglio Giobbe 30-31; Atti 13:26-52

06 luglio Giobbe 32-33; Atti 14

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Per rispondere all’aspirazione e al desiderio di tanti onesti credenti di trafficare i talenti ricevuti, mi sono impegnato a formare uomini e donne fedeli per “un servizio che serve”, seguendo l’invito di Gesù (Mt 20:26-27). Il materiale proposto vuole offrire occasioni di formazione e crescita personale non da paventare ad altri, ma una condivisione per crescere assieme, lontani da polemiche, accuse e ogni forma di giudizio volto a alimentare dissidi e contese inutili. Io ci provo! 

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