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Immagine del redattoreElpidio Pezzella

Da agricoltore a costruttore

e gli pose nome Noè, dicendo: «Questi ci consolerà del nostro lavoro e della fatica delle nostre mani, a motivo del suolo che l’Eterno ha maledetto»

Genesi 5:29

Lamec aveva desiderato alla nascita del figlio che questi potesse recare ristoro, consolazione e sollievo dal duro lavoro della terra, maledetta dopo la caduta di Adamo ed Eva. Ed è per questo che scelse per lui il nome di Noè, dal verbo "nhm" che vuol dire consolare e dare sollievo, ma anche pentirsi in qualcosa, dolersi. E la storia di Noè si concluderà proprio con un'azione di cui dolersi. Quanto racchiuso nel nome troverà poi esplicitazione nelle vicende de diluvio, che Dio deciderà di mandare per porre fine al genere umano, salvando appunto Noè, “uomo giusto e irreprensibile” (Genesi 6:9). Se trovò grazia agli occhi dell’Eterno di certo non fu per le sue doti di agricoltore o per l’innata qualità di costruttore che manifesterà nella realizzazione dell'arca. I due aggettivi, giusto (ebraico saddiq) e irreprensibile (eb. tamim), ci rivelano un carattere particolare. Il primo include il significato di solidale, leale, non tanto la relazione con il Creatore: egli è colui che si comporta in modo conforme ai costumi della comunità, che dimostra solidarietà verso il prossimo. Il secondo potrebbe rendersi con retto, affidabile nei suoi modi e nelle sue azioni; devoto nei confronti di Dio.


A questo uomo Dio guarderà, un agricoltore, un uomo con i calli nelle mani e il volto segnato dal sole, con addosso l’odore degli animali che popolavano i suoi campi, per affidargli la possibilità di dare nuovo corso all’umanità. Siccome ha deciso di distruggere tutto, lui dovrà costruire un’arca di legno di gofer, cospargerla di bitume dentro e fuori, portare con sé la moglie, i tre figli e le tre nuore prima e poi le coppie di ogni specie animale. Se la costruzione è un’impresa "megalomane", convincere i familiari e poi raccogliere gli animali è fuori dalla mia immaginazione e capacità di qualificarla. Ancora una volta Dio dimostra di sapere quel che faceva, di riuscire a scegliere persone ordinarie per compiere qualcosa di straordinario. Un agricoltore che diventa carpentiere, falegname, architetto, timoniere, esperto di navigazione. Nel lavoro dei campi Noè ha imparato a saper aspettare le stagioni, conosce il ritmo della terra e come tale non solleva alcuna obiezione temporale. Come un sapiente e preparato leader è persona d’azione. Ha un carattere tale da aver allineato i suoi pensieri a quelli di Dio. In quanto "patriarca" (guida) non vede come gli altri, né solleva ostacoli. Per fede, dirà lo scrittore agli Ebrei, e mosso da santo timore passerà all’azione (11:7). Sa che Colui che gli ha ordinato di costruire l’arca sarà il Suo aiuto, e, nonostante le rimostranze di qualcuno e le resistenze di altri, sarà possibile. Immagino quante volte avrà gridato ai suoi come Caleb: “Ce la possiamo fare” (Numeri 13:30).


Nella sezione del Genesi che raccoglie l’intera storia, leggiamo più volte che “Noè fece così, fece esattamente tutto ciò che Dio gli aveva comandato” (6:22; 7:5). Per superare il tempo della distruzione, i periodi di avversità, la comunità dei credenti ha bisogno di persone autorevoli, spirituali e pronte al sacrificio come Noè. Costui si mise all’opera, rispose alla chiamata, senza ricevere soccorso materiale. Dio gli ordinò di costruire e di rivestire di bitume. Il legno, il bitume, tutto l’occorrente non sono piovuti dal cielo. Almeno Genesi non ce lo dice. Colui che risponde alla vocazione non riceve nulla di materiale. Ogni ricerca spasmodica di successo e ricchezza e ogni possibile contrattazione da mercanti che possano essere messe in piedi prima di accogliere la chiamata divina saranno solo elementi per discernere che non si tratta di una vocazione autentica. Il Genesi non ci fornisce i particolari della realizzazione, né ci regala i dettagli del working in progress. Si limita a darci pochi elementi temporali per scandire il procedere del piano di Dio. Ciò che accade una volta terminata l’opera è dominio pubblico. Chi vuole può protrarsi nella lettura del testo biblico fino al capitolo 9. Alla fine del diluvio il nostro costruttore sopravvissuto tornerà a lavorare la terra piantando una vigna, da cui trarrà il vino per il proprio piacere. La Scrittura non esita a mostrarci l’agire divino per mezzo di persone al nostro pari, con capacità e debolezze come noi. Uomini, genitori, figli, artigiani e agricoltori, modesti o facoltosi nelle condizioni, che al fianco di Dio compiono cose straordinarie, ma che nel privato non sono indenni da scivoloni, che nel coltivare passioni personali rischiano di lasciare pessimi esempi. Dopo tutto “il giusto cade sette volte e si rialza” (Proverbi 24:16).


 

Piano di lettura settimanale

della Bibbia n. 36

28 agosto Salmi 123-125; 1Corinti 10:1-18

29 agosto Salmi 126-128; 1Corinti 10:19-33

30 agosto Salmi 129-131; 1Corinti 11:1-16

31 agosto Salmi 132-134; 1Corinti 11:17-34

01 settembre Salmi 135-136; 1Corinti 12

02 settembre Salmi 137-139; 1Corinti 13

03 settembre Salmi 140-142; 1Corinti 14:1-20


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