«Allora i soldati del governatore portarono Gesù nel pretorio e radunarono attorno a lui tutta la coorte. E, spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto».
Matteo 27:27-28
Nel corso del processo a suo carico, Gesù è umiliato e deriso. Spogliato delle sue vesti viene beffardamente coperto con un mantello di porpora a rappresentare il suo essere re. Dopo averlo schernito, i soldati lo rivestono dei suoi abiti per condurlo al luogo della crocifissione, ove è denudato di nuovo (v. 31). Nel racconto di Matteo è spogliato per tre volte. Lui, che aveva lasciato la gloria del cielo per nascere in un umile mangiatoia, viene umiliato fino alla fine. Nel vangelo di Giovanni si legge che i soldati “presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una parte per ciascun soldato. Presero anche la tunica, che era senza cuciture, tessuta per intero dall'alto in basso” (Giovanni 19:23-24). I soldati fecero in quattro pezzi “la veste”, o “il mantello”, cioè l’indumento esteriore, non la tunica, il chiton, che era l’indumento intimo, portato a diretto contatto con il corpo. Gli antichi autori vedevano raffigurato nelle vesti e nella tunica il mistero della Chiesa, corpo di Cristo, rispettivamente nella sua universalità e nella sua integrità/unità. Le vesti, distribuite in quattro parti, indicano l’universalità: il corpo del Figlio per tutti i fratelli. La tunica invece indica il mistero della integrità/unità: l’unico corpo donato rende ognuno figlio, unito al Padre e ai fratelli.
Dopo la caduta di Adamo ed Eva, Dio provvide loro delle vesti di pelle di animale. In seguito per mezzo di Gesù – l’agnello senza peccato – ha rivestito ciascuno di noi di grazia e misericordia. Egli ci ha atteso, pronto ad accoglierci e a donarci un abito nuovo. A Giuseppe fu regalata dal padre una veste lunga con le maniche o, secondo un’altra traduzione, di vari colori (Genesi 37:3). Era un’espressione di stima e di amore ed un segno della sua vocazione. Giuseppe era il figlio della vecchiaia, il suo bastone. In lui Giacobbe aveva riposto, forse, le sue speranze tanto da fargli una tunica dalle lunghe maniche, cioè rivestirlo delle cose più belle. Quella veste particolare gli fu tolta dai fratelli quando decisero di liberarsi di lui e venne restituita al padre come prova della sua falsa morte. Finito in Egitto, schiavo in casa di Potifarre, dov’è oggetto delle lusinghe della moglie. Un’altra veste segna la sua vita, ed è appunto quella che si sfila e lascia nelle mani della donna per non cedere alle sue avance. Sarà la prova contro di lui e che lo farà imprigionare. Apparentemente dimenticato dalla famiglia e senza amici, non è abbandonato da Dio che proprio nella prigione esalta il suo dono di interpretare i sogni. Condotto alla corte di Faraone mostrerà il suo talento al punto da ricevere una veste regale. Quello che gli altri gli toglievano gli è restituito ad un livello superiore. Infatti, sarà lo strumento per aiutare proprio quei fratelli che lo avevano spogliato, fino a consegnare loro una veste per il viaggio. Quel che gli avevano sottratto lui non lo nega agli altri.
Non credo ci siano riserve nel sostenere che non è l’abito a fare il monaco, anche se senza quel particolare abbigliamento avremmo difficoltà a riconoscerlo. Nell’ultimo periodo è andato progressivamente adeguandosi ai costumi sociali il modo di vestire di molti degli addetti al culto cristiano, fino a ridurre la funzione religiosa a qualcosa di estemporaneo, per la serie “Dio guarda il cuore”. In un mondo sempre più fluido, stanno scomparendo le forme. Mi sia concesso di esortare a non barattare la nostra veste. Se ora pensi alla veste come alla tua vita o alla tua dignità, la storia di Giuseppe assumerà un sapore particolare. Nessuno si senta però coperto, perché al Suo occhio siamo sempre nudi, e la chiesa di Laodicea lo insegna. «Poiché tu dici: “Io sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di nulla”; e non sai invece di essere disgraziato, miserabile, povero, cieco e nudo» (Apocalisse 3:17). Andiamo a Lui, per il prezioso sacrificio di Cristo, e compriamo senza denaro quelle vesti bianche che coprono la nostra vergogna. Non cerchiamo come i due progenitori nell’Eden di cucirci abiti con foglie di fico, ma affidiamoci alle Sue amorevoli mani, lasciandoci rivestire come il figliol prodigo. Egli ci vuole figli, e che ci riconoscano come tali.
Piano di lettura settimanale
della Bibbia n. 38
16 settembre Proverbi 27-29; 2Corinti 10
17 settembre Proverbi 30-31; 2Corinti 11:1-15
18 settembre Ecclesiaste 1-3; 2Corinti 11:16-33
19 settembre Ecclesiaste 4-6; 2Corinti 12
20 settembre Ecclesiaste 7-9; 2Corinti 13
21 settembre Ecclesiaste 10-12; Galati 1
22 settembre Cantico dei C. 1-3; Galati 2
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