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Immagine del redattoreElpidio Pezzella

Il villaggio della consolazione

«Io vi dico che neppure in Israele ho trovato una così gran fede!» E quando gli inviati furono tornati a casa, trovarono il servo guarito.

Luca 7:9b-10

Alla morte di Giovanni il battista, Gesù aveva scelto Capernaum come sua residenza. Dai Vangeli apprendiamo che questo villaggio, sulla sponda Nord/Ovest del lago di Tiberiade (Gennesaret), fu il più frequentato e servito da Gesù. Chissà se la scelta era dovuta anche al nome. Infatti, Capernaum (Cafarnao) in ebraico significa "villaggio della consolazione". Qui scelse i discepoli, e nella sinagoga locale fece poi il discorso sul pane. È di casa e tutti lo conoscono. In quanto posto di dogana, vi aveva sede una piccola guarnigione romana. Luogo di ritorno di ogni viaggio del Maestro. E qui ha appena fatto ritorno, quando alcuni anziani giudei mediano per un suo intervento a favore del servo di un centurione, gravemente ammalato e al quale molto teneva il suo padrone. L’intercessione dei Giudei, comunque in sé già singolare, fondava sui meriti che attribuivano al militare, in quanto aveva contribuito alla costruzione della sinagoga, e per questo persona ad essi vicina e cara. Il fatto che Gesù li segue senza commentare lascia supporre che fosse noto anche a Lui. Il Maestro non fa distinzione se romano o giudeo, ma risponde all’appello. Ancora oggi chi Lo invoca e in Lui confida non resterà senza risposta.


E mentre il gruppo è quasi giunto a destinazione, seguito sempre da una folla di persone, ecco un secondo plotone inviato dal centurione. Questa volta sono i suoi amici ad intimare al Maestro di fermarsi: «Signore, non darti quest'incomodo, perché io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; perciò non mi sono neppure ritenuto degno di venire da te; ma di' una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch’io sono uomo sottoposto all’autorità altrui, e ho sotto di me dei soldati; e dico a uno: "Vai", ed egli va; a un altro: "Vieni", ed egli viene; e al mio servo: "Fa' questo", ed egli lo fa». Queste parole meravigliano il Signore, che sottolinea alla folla che lo aveva accompagnato di non aver trovato ancora in Israele una tale fede. Differentemente da Naaman il siro che dubita dell’azione del profeta Eliseo, facendo leva sul suo alto rango militare e pretendendo rispetto, costui riesce a comprendere il potere di Gesù proprio per l’autorità che era solito esercitare. Il suo è un atto di grande umiltà, ma anche il sincero gesto di chi non si reputa all’altezza di ospitare Cristo. Nel racconto di Luca, prima si affida ai giudei, poi si appella gli amici.

Siamo proprio nella consolazione. Abbiamo davanti a noi la storia di chi fa qualcosa per un altro, e tutti gli attori in scena restano anonimi. Il centurione ha a cuore il suo servo malato. Gli anziani giudei intercedono con Gesù per un suo intervento. Gli amici vanno incontro a Gesù per conto del romano. Il Signore risponde all’invito di andare prima e di fermarsi dopo. Quasi è spettatore di ciò che sta accadendo. Ed in tutto questo il militare e il maestro non vengono a contatto tra loro. La fede del centurione fa un giro immenso, e sortisce l’effetto desiderato, al punto da trovare anche l’approvazione del Signore, il quale senza pronunciare alcuna parola sanerà il malato. Nella storia del centurione la sua fede ha portato giudei ed amici a relazionarsi con Gesù. La fede non necessita di luoghi e/o rituali particolari, non sempre ascolta una risposta, ma muove sempre la mano di Dio.


Cristo è personificazione della compassione di Dio, ben espressa nell’atteggiamento del buon samaritano che, passando accanto all’uomo ferito, «lo vide e ne ebbe compassione» (Luca 10:33). Compassione letteralmente significa “soffrire con”. Dio non è lontano dalla sofferenza di alcuno, ma abbraccia chi soffre. Gesù ha caricato su di sé la nostra sofferenza, e secondo il profeta Isaia ha portato nelle sue lividure le nostre infermità (53:4). Forse dovremmo tutti crescere nell’atteggiamento di cura verso il bisognoso, per essere così ciascuno con la propria fede risposta al grido, spesso muto, di aiuto dell’uomo sofferente, risposta allo sguardo dagli occhi atterriti e inermi della persona soverchiata dal dolore. “«Consolate, consolate il mio popolo», dice il vostro Dio” (Isaia 40:1).



 

Piano di lettura settimanale

della Bibbia n. 25

13 giugno Esdra 6-8; Giovanni 21

14 giugno Esdra 9-10; Atti 1

15 giugno Neemia 1-3; Atti 2:1-21

16 giugno Neemia 4-6; Atti 2:22-47

17 giugno Neemia 7-9; Atti 3

18 giugno Neemia 10-11; Atti 4:1-22

19 giugno Neemia 12-13; Atti 4:23-37



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