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La fede del centurione

  • Immagine del redattore: Elpidio Pezzella
    Elpidio Pezzella
  • 2 ore fa
  • Tempo di lettura: 3 min

Gesù disse al centurione: «Va' e ti sia fatto come hai creduto». E il servitore fu guarito in quella stessa ora.

Matteo 8:13


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La storia del centurione di Capernaum (Cafarnao) continua a sfidarci a credere oltre ogni aspettativa, nonostante il rischio di restare senza risposta. La fede non teme di rischiare, sa che deve osare. Chi ha un congiunto ammalato e sta vivendo il dramma dell’assistenza e/o dell’accompagnamento, non avrà difficoltà a rivedersi nei panni di quest’uomo che ha nel cuore una profonda sofferenza per il suo servo. Non è, quindi, un legame di parentela che lo spinge a rivolgersi a Gesù. C’è qualcosa che va oltre la consanguineità. Dietro la figura di quest’individuo è possibile intravedere tutti quelli che, nella chiesa, si prendono cura degli altri. Le sue parole, intrise di dolore, evidenziano il nostro essere egoistico, concentrato esclusivamente sulla nostra vita. La vita degli altri passa davanti ai nostri occhi, il più delle volte, inosservata. La Bibbia ci rammenta, invece, di sorridere con chi sorride e di soffrire con chi soffre (Romani 12:15). Ciascuno di noi è unico ed è per questo che dobbiamo imparare a riconoscere l’esigenza dell’altro in base alla sua specificità.

 

Gesù non esita ad acconsentire alla richiesta del militare romano, anzi va oltre le sue attese: «Io verrò e lo guarirò» (v. 7), rendendosi disponibile a raggiungere casa sua. Chissà che oggi le stesse parole possano essere rivolte a te. Per questo vorrei comprendere con te cosa abbia generato quella risposta. La prima cosa che mi viene da supporre è che la richiesta non si incentrava su un bisogno egoistico dell’interlocutore, ma era mossa dalla stessa sofferenza che quel servo stava attraversando e che aveva mosso il cuore del suo padrone. Un altro uomo, il papà del ragazzo epilettico, chiederà aiuto con il cuore in mano (Marco 9:14 e segg.). È necessario che in noi si alimenti quella sensibilità a sentire le sofferenze di chi lentamente si spegne senza la grazia di Dio, che sbocci in noi la “passione per le anime” e la compassione per chi è nel dolore. Che il nostro spirito possa tornare a essere sospinto non da tutto quello che è carnale, ma da quello che è, invece, spirituale. Cosa stiamo facendo affinché l’evangelo abbatta i muri dell’indifferenza? Cosa affinché esso continui a salvare i perduti?

 

Nel racconto di Luca (7:1-10) è riportato che il soldato si rivolse ai sacerdoti affinché questi parlassero con Gesù della condizione del servo. Questi sottolinearono come il centurione avesse fatto tante opere pie per il popolo ebreo, quasi a supplicare un intervento meritato. La loro mentalità era ancora relegata all’Antico Patto. Questo è l’atteggiamento di chi segue Cristo secondo i propri pensieri e speranze, perdendo di vista che il nostro agire deve tener conto della Sua centralità. Il centurione, nonostante sia un uomo in autorità, sa di non potere nulla: è debole e si mostra umile. Alla risposta di Gesù, con una modestia unica, gli esterna il suo senso di indegnità alla possibilità di accoglierlo in casa. Inoltre sa di essere romano mentre Gesù è Giudeo, e che questi non entravano in casa dei romani per evitare di diventare impuri. Il soldato, inoltre, da uomo in autorità, comprende bene che la parola di Gesù ha potere sul bene e sul male, sulla morte e sulla malattia e chiede solo quella. Il centurione riconosce la forza che possiede la Sua parola, mentre noi spesso non crediamo possano essere indirizzate anche alla nostra vita.

 

Dinanzi a una persona che sta riconoscendo con umiltà la potenza della parola di Dio, Gesù dichiara di non aver visto in nessun altro uomo in Israele una simile fede. Le parole di Gesù andarono a effetto e il servo fu guarito. Pensiamo a volte che l’esercizio della fede richieda lunghi cammini, percorsi faticosi e anni di attese o di preparazione teologica. Sarà pur vero che l’intervento di Dio non è sempre immediato, ma per credere, chiedere e ricevere basta un attimo, tanto quanto quel semino di senape citato dal Signore. Fu un attimo di fede anche quando la donna dal flusso di sangue si avvicinò nella ressa a Gesù e gli toccò la veste, avendo deciso in cuor suo che quello sarebbe bastato per guarirla. Sia questo momento quello giusto: chiedi ora!

 


 

Piano di lettura settimanale

della Bibbia n. 48

24 novembre  Ezechiele 22-23; 1Pietro 1

25 novembre  Ezechiele 24-26; 1Pietro 2

26 novembre  Ezechiele 27-29; 1Pietro 3

27 novembre  Ezechiele 30-32; 1Pietro 4

28 novembre  Ezechiele 33-34; 1Pietro 5

29 novembre  Ezechiele 35-36; 2Pietro 1

30 novembre  Ezechiele 37-39; 2Pietro 2

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IL MIO IMPEGNO

Per rispondere all’aspirazione e al desiderio di tanti onesti credenti di trafficare i talenti ricevuti, mi sono impegnato a formare uomini e donne fedeli per “un servizio che serve”, seguendo l’invito di Gesù (Mt 20:26-27). Il materiale proposto vuole offrire occasioni di formazione e crescita personale non da paventare ad altri, ma una condivisione per crescere assieme, lontani da polemiche, accuse e ogni forma di giudizio volto a alimentare dissidi e contese inutili. Io ci provo! 

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