Io sono il tuo Dio
- Elpidio Pezzella
- 2 ore fa
- Tempo di lettura: 3 min
«Io sono l’Eterno, il tuo Dio, che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avrai altri dèi davanti a me».
Esodo 20:2-3

Era l’inizio del terzo mese dopo l’esodo dall’Egitto, quando Dio donò al suo popolo, consegnandole sul monte Sinai a Mosè, le Dieci Parole o Dieci Comandamenti: 620 lettere ebraiche che racchiudono il succo della Torah e sono sinonimo di un evento centrale della storia biblica. Soffermiamoci sul primo, che è una sorta di biglietto da visita del Dio conosciuto da Mosè quando dinanzi al pruno ardente udì la voce di Colui che lo invitava a raccogliere il Suo comando. Tra lo sconcerto e lo stupore, il fuggitivo omicida chiese a Dio come identificarlo con un nome. In risposta ebbe una presentazione inusuale: «Io Sono Colui che Sono». L’allocuzione è riferita al tetragramma divino (YHWH), che non era mai pronunciato dagli Ebrei, perché composto solo di consonanti, ed anche per una sorta di riverenza verso Dio. Il lettore ogniqualvolta si trova di fronte al tetragramma lo sostituisce con il termine “Adonaj” se si tratta del testo biblico, con “HaShem” per gli altri testi. Noi utilizziamo solitamente nelle traduzioni il termine “Eterno” oppure “Signore”. Si tratta comunque non di un sostantivo, bensì di un verbo, che afferma l’essere irraggiungibile e inconoscibile di Dio, un presente in movimento, la cui azione è però visibile e operante nella storia, una presenza efficace e suprema che interviene al fianco del popolo con la Sua mano liberatrice.
Da questa prospettiva la cognizione di Dio entra in una proiezione del tempo, un modo per ricordare che è sempre vicino a noi, al presente e anche al futuro. Nello stralcio di storia in cui sono collocate le Dieci Parole, il popolo è fuori dall’Egitto, proprio secondo la promessa ricevuta. Ecco che il nome è tra il presente e il futuro, quasi a dirci che Egli ci precede sempre. Le Sue azioni sono raccontate al tempo passato, poiché quando comincia un’opera, la porta a compimento: Egli ha liberato questo popolo dalla condizione di schiavitù. La prima enunciazione del decalogo ci apre le porte su quella che è la liberazione. L’Eterno ancor prima di enunciare le Sue parole, si presentò al popolo come Colui che li aveva liberati. Su di una tale premessa il popolo poteva fare sereno affidamento, poiché mai più sarebbe stato posto sotto un’altra forma di schiavitù. Tutto ciò che Dio avrebbe loro comandato sarebbe servito solo per preservare la libertà, perché Egli è Colui che difende la libertà dell’uomo e del Suo popolo. Su questi presupposti giunge la prima parola: «Non avrai altri dèi davanti a me» (Esodo 20:1). Esistono altri dèi? «Io sono l’Eterno, il tuo Dio» lascia intendere che Egli è l’unico.
Il “non avere altri dèi” probabilmente fa riferimento al contesto politeista, qual era quello della stesura delle tavole, nonché alla collocazione del popolo in una terra idolatra. Il popolo era uscito dalla terra d’Egitto, dove aveva assistito e partecipato ai culti egiziani, le cui divinità erano molteplici. Per ogni realtà della vita umana ve ne era una, da quella della fecondità fino ad arrivare a quella della morte; un dio, quindi, per ogni episodio della vita. Si potrebbe ipotizzare che Dio stesse dicendo: “Non esistono altri dèi! Non averne altri perché così facendo segui un’immagine prodotta dal potenziale immaginario della tua mente. Io sono l’unico, il tuo Dio, Colui che ti ha tratto fuori dal paese d’Egitto”. Il rapporto che Dio instaura con il popolo si basa su un dato di fatto, una dimostrazione: l’averlo tratto dall’Egitto è un dato innegabile e incontrovertibile. Tale dimostrazione innesta una richiesta di fedeltà, quella di non avere altri dèi, come a dire: “Devi essere fedele solo a me”. Purtroppo fare i conti con l’impazienza mostrerà invece l’infedeltà e porterà da subito alla fabbricazione di idoli. Il capitolo 32 dell’Esodo racconta proprio cosa accadde nell’accampamento nel tempo in cui Mosè era salito sul monte per ricevere le Tavole. Il ritardo di Mosè indusse il popolo a chiedere un idolo. La prima parola ci indica la direzione della pazienza: “Ricorda chi sono e cosa ho fatto”. E tu hai altri dèi?
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Piano di lettura settimanale
della Bibbia n. 20
12 maggio 2Re 15-16; Giovanni 3:1-18
13 maggio 2Re 17-18; Giovanni 3:19-36
14 maggio 2Re 19-21; Giovanni 4:1-30
15 maggio 2Re 22-23; Giovanni 4:31-54
16 maggio 2Re 24-25; Giovanni 5:1-24
17 maggio 1Cronache 1-3; Giovanni 5:25-47
18 maggio 1Cronache 4-6; Giovanni 6:1-21
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