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  • Writer's pictureElpidio Pezzella

L’esperienza della misericordia

Beati i misericordiosi, perché essi otterranno misericordia.

Matteo 5:7

Il vangelo di Matteo utilizza una parabola posta a conclusione di un lungo discorso in cui sono contenuti l’invito ad accogliere i piccoli, la parabola della pecora smarrita e il prontuario della correzione fraterna per darci indicazioni importanti sulla misericordia. Si tratta di una serie di testi che ci consentono di calarci nella comunità matteana, che dopo il momento entusiastico successivo alla resurrezione del Signore in cui si sentiva capace di affrontare ogni difficolta della vita e di dominare la storia, ora si ritrova internamente a fare i conti con un periodo critico. Il clima tra questi credenti si sta logorando e iniziano a comparire sgarbi, incomprensioni e qualche cattiveria. Il perdono non è da tutti, anche se tutti ne hanno bisogno. Non è un consiglio facilmente accettato, ma un frutto di fraternità. Così Pietro si fa nostra portavoce e cerca di porre qualche limite: “Quante volte dovrò perdonare? Fino a sette volte?”. Siccome difficilmente perdoniamo più di un paio di volte, Pietro sembra mostrarsi alquanto disponibile e incline al perdono, suggerendo sette volte: un numero simbolico per indicare completezza e totalità, ma pur sempre limitato. Infatti, Gesù va oltre e chiede un’apertura senza alcun tipo di restrizioni: “Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette”.


Anziché rivolgere esortazioni moraliste, Gesù scegli di mettere i suoi interlocutori spalle al muro raccontando la parabola del re e dei due servi (Matteo 18:21-35) per invitare chi subisce un torto a perdonare. La scelta di una semplice parabola è funzionale all’insegnamento da trasferire. Un re scopre che di avere un servo indebitato fino al collo ed è pronto a rovinarlo, quando questi si appella alla bontà del sovrano che, inaspettatamente, condona il suo debito. Si trattava di una somma spropositata: diecimila talenti. Nemmeno un re lo avrebbe potuto pagare. Basti pensare che Erode raccoglieva dalle tasse di tutta la Palestina solo novecento talenti. Anche la scelta di vendere lui e i suoi familiari avrebbe potuto ripagare il debito, ma si trattava della pena massima, non c’erano alternative. Senza alcuna speranza e possibilità di poter rimediare il servo supplica il re, che in un atto imprevedibile, preso dalla compassione, decide di estinguere il suo debito. Ecco cosa fa la misericordia: cambia la condizione di chi si trova in una situazione senza soluzione, non solo uno stato d’animo di compassione verso l’altro ma un’azione concreta di aiuto.


La parabola ha una seconda parte parallela alla prima. Lo stesso servo, che ha appena lasciato festante la sala del re, incontra un suo collega che gli deve una somma irrisoria e si mostra nei suoi confronti terribilmente inflessibile da mandarlo in prigione. Colui che era stato precedentemente graziato ora veste i panni del creditore, ma davanti all’esiguo credito vantato non lascia spazio alla minima misericordia. Non ha imparato nulla. Il suo cuore non prova pietà, e lui alza le mani al collo dell’altro implorante pazienza e lo fa arrestare. L’ascoltatore è indotto così a chiedersi se ci sarà una giustizia finale. Ed ecco allora un terzo momento. Quel che non si fa si sa, recita un vecchio detto, e così la notizia dell’accaduto giunge all’orecchio del re che fa chiamare il servo malvagio e lo consegna agli aguzzini proiettandoci nell’eternità: “Così il mio Padre celeste farà pure a voi, se ciascuno di voi non perdona di cuore al proprio fratello i suoi falli” (v. 35). Non si parla più di debito e credito, di re e servi, ma di perdono e fratello. Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato… ricorderà il padre della parabola lucana del figlio prodigo (Luca 15:32).


Quando si incontra Dio, lo riconosciamo come il re con il volto della misericordia che perdona, condona e cancella. “Venite quindi e discutiamo assieme, dice l'Eterno, anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve; anche se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana” (Isaia 1:18). L’incontro con Dio è sentirsi compresi, accolti e perdonati, come per il figliol prodigo, la donna adultera. Subito dopo, quello che si è sperimentato va riversato nelle relazioni con gli altri, dobbiamo comunicare la vita che oltrepassa il rancore e qualsiasi insormontabile diritto. Se qualcuno ha forti resistenze al perdono nei confronti di chi lo ha offeso, deve domandarsi se effettivamente ha incontrato il Dio del perdono. Forse il segreto sta nel considerare l’altro sempre e comunque un “fratello”, nonostante offenda, disprezzi o minacci. In fondo, un’altra verità velata è quella che senza fraternità non c’è esperienza cristiana. La regola d’oro resta sempre la stessa: “Tutte le cose dunque che voi volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro, perché questa è la legge ed i profeti” (Matteo 7:12). Il perdono ritrova e dona nuova vita, perciò i misericordiosi riceveranno misericordia.



 

Piano di lettura settimanale

della Bibbia n. 48

21 novembre Ezechiele 16-17; Giacomo 3

22 novembre Ezechiele 18-19; Giacomo 4

23 novembre Ezechiele 20-21; Giacomo 5

24 novembre Ezechiele 22-23; 1Pietro 1

25 novembre Ezechiele 24-26; 1Pietro 2

26 novembre Ezechiele 27-29; 1Pietro 3

27 novembre Ezechiele 30-32; 1Pietro 4



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