Simon Pietro disse loro: «Io vado a pescare». Essi gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Così uscirono e salirono subito sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Giovanni 21:3

“Ho dato il meglio di me stesso da quando sono stato chiamato al ministero. Ho abbracciato e stretta con passione e sincera dedizione la croce del Signore, onorato e meravigliato dell’opera che aveva compiuto nella mia vita, raccogliendomi tra gli scarti della società, portandomi alla sua mensa d’amore e rivestendomi di perdono. Essere accolti e curati da una famiglia spirituale è bene dal valore inestimabile. Ma tra l’essere curato e prendersi cura degli altri passa un abisso. Negli anni del mio servizio più volte ho fatto su e giù tra le onde di grande gioia e i flutti alti del grande sconforto. La Sua mano però è stata forte e rassicurante, concedendo a quella fiammella che ardeva nel profondo di alimentarsi e donarmi le energie necessarie per andare incontro a chi era nel bisogno, di dedicare la parte migliore della giornata a incoraggiare, consolare indistintamente nelle case, negli ospedali e/o nei cimiteri.
L’impegno maggiore però è stato essere la Sua voce. Nulla più edificante dello scandagliare la Scrittura, studiarla, meditarla mentre sulle ginocchia imploravo ogni volta lo Spirito di ispirarmi per insegnare, ammaestrare, predicare con amorevole autorità. Salire sul pulpito mi costringeva a spogliarmi al cospetto del Signore, il timore della Sua santità ha sempre prevalso sui miei pensieri di uomo, marito, padre. Gli occhi brillanti e le strette di mano dei credenti al termine di un culto l’unica gratificazione soddisfacente. Mai avrei voluto tradire in qualche misura chi servivo. Quando tutto apparentemente mi concedeva una dimensione di spicco, alla guida di una grande chiesa, coinvolto in diverse organizzazioni, parte di una stimata squadra ministeriale di spessore, gli orizzonti hanno cominciato a restringersi. Seduto a un tavolo dove le scelte anziché essere concordate erano accettate quasi passivamente, piuttosto che animare progetti rilevavo punti critici senza trovare riscontro. Lo sguardo è andato abbassandosi. Un malore si è insinuato, e via via mi sentivo sempre più inadeguato, non riuscendo a scorgere motivo per continuare. Le crepe si stavano allargando sotto di me, tra me e gli altri servitori, tra me e la comunità.
Come a Pietro, lentamente si faceva spazio quel desiderio, più un bisogno, di tornare a pescare. Una lotta si è innescata, un tormento mi ha assalito mentre le mie mani stringevano l’aratro che si faceva più pesante con il passare dei giorni. Ero fermo, non riuscivo a progredire. Rinchiuso nella mia camera versavo lacrime implorando Dio di darmi soluzione, mentre quelli che lavoravano nel mio stesso campo non si accorgevano del mio dramma. Chi avrebbe dovuto trascinarmi o spingermi, o soltanto farmi compagnia ed offrirmi il suo silenzio, era preso da altro. Nessuna accusa nei suoi confronti. Quella incapacità però ha aggiunto delusione, paventandomi quello che allo stesso modo io potevo recare ad altri. Quanto è durato? Beh, un po' di tempo. Tra pianti in preghiera e notti insonni ho dovuto decidere per uscirne vivo. Continuare a fingere, prestando un servizio fatto di doveri, di impegni da rispettare, di norme da osservare o rompere gli schemi che mi stavano ingabbiando e provocare una reazione. Forse anche il Signore si ricorderà di me e verrà a cercarmi sulla riva del lago. Lo spero con tutto me stesso, perché ho in cuore di essere ancora suo testimone, ma nel frattempo mi dimetto da pastore senza ripensamento alcuno.”
Così qualche giorno fa un caro amico mi ha riversato addosso il fiume che lo stavo attraversando, rendendomi partecipe del suo travaglio, familiare a chiunque ha messo mano all’aratro e ha posto sulle spalle la croce del Maestro. Mentre lui raccontava il suo sentirsi manchevole all’incarico ricevuto, avvertivo il privilegio di raccogliere la sua confessione. Fradicio mi sono allargato e stretto a lui in un abbraccio fraterno colmo di rispetto. Ci vuole tanto coraggio per tirarsi fuori prima di finire schiacciato dal peso delle responsabilità, ci vuole tanto coraggio per dire alla comunità “Non riesco ad amarvi e servirvi come vorrei e dovrei”. E chi ha bevuto al calice sa quanto dolore e amarezza bisogna ingoiare, per questo non esprimerà alcun giudizio. Come Timoteo ci sforziamo a sopportare le sofferenze come un buon soldato, ma non tutti hanno un Paolo ad incoraggiarli.
Nei momenti successivi la morte di Gesù, il discepolo Pietro ha avuto le sue battaglie interiori che lo hanno riportato dove si sentiva sicuro di sé, sopra una barca a gettare la rete in acqua. Proprio lì dove era stato raccolto e chiamato ad essere pescatore di uomini. Chi aveva iniziato un’opera in lui, non lo lasciò per molto tempo sospeso tra la terra ferma e le acque dondolanti. Quel “pasci” ripetuto più volte è pieno della comprensione e della vicinanza di cui hanno grandemente bisogno tanti. Al mio amico ho offerto il mio tempo, ho promesso che la mia stima per lui resta immutata. Prego che arrivi presto la Pentecoste ad infiammare la sua vita e a donargli la gioia coraggiosa dell’essere strumento nelle mani del Vasaio. Per quanti hanno conosciuto la stessa condizione e stanno stringendo i denti nella fatica, spero che il mio prossimo libro sia di aiuto, in quanto mette a fuoco la necessità di ricevere la cura appropriata.
Piano di lettura settimanale
della Bibbia n. 05
27 gennaio Esodo 16-18; Matteo 18:1-20
28 gennaio Esodo 19-20; Matteo 18:21-35
29 gennaio Esodo 21-22; Matteo 19
30 gennaio Esodo 23-24; Matteo 20:1-16
31 gennaio Esodo 25-26; Matteo 20:17-34
01 febbraio Esodo 27-28; Matteo 21:1-22
02 febbraio Esodo 29-30; Matteo 21:23-46
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