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  • Immagine del redattoreElpidio Pezzella

Non lasciamoci trascinare

«Sforzati di presentare te stesso davanti a Dio come un uomo approvato, un operaio che non abbia di che vergognarsi, che tagli rettamente la parola della verità».

2 Timoteo 2:15

Diventa ogni giorno più complicato custodire il gregge del Signore, tenere i credenti nel recinto di un pascolo nutriente e sicuro. Basta guardarsi intorno per notare un fiorire di realtà ecclesiali, dinamiche ma leggere, frizzanti ma frivole; il tutto accompagnato da un progressivo ed imponente ammodernamento liturgico che trasversalmente sta interessando la cristianità. Di certo non mi riferisco alla tecnologia, preziosa ancella ormai quasi ovunque, salvo le eccezioni pregiudizievoli che perdurano in qualche ambiente. Lungi da me l’ergermi a giudice di qualcuno, resto perplesso davanti al compromesso di accogliere gente nei locali accomodando il credere, rendendolo più divertente e/o spettacolarizzato, abbassando i livelli di etica e morale. Credo non si tratti solo di un cambiamento di linguaggio e di stile, che riflette lo stato sociale; né unicamente di un fenomeno etichettabile frettolosamente come “vino nuovo” e che potrebbe dare alla testa. Di fatto molti che dicono di professare la fede, iniziano ad avvertire una fase di stasi e vanno alla ricerca di un diversivo, di celebrazioni che coinvolgono oltre che emotivamente anche corporalmente.


Quel che accadde ai piedi del monte Oreb, nel racconto di Esodo 32, quando Mosè tardava a scendere è emblematico. L’impazienza di molti e il non riuscire a concentrarsi su quanto stava accadendo sulla vetta, spinge il popolo da Aaronne per chiedere un “dio” che si vedesse e camminasse (sulle loro spalle). Dopo averli imprudentemente accontentati, Aaronne, la guida preposta in vece di Mosè, tentò di dare una facciata accettabile a quanto accaduto proclamando un giorno di festa. Ma il giorno dopo “il popolo sedette per mangiare e bere, poi si alzò per darsi al divertimento” (v. 6b). È questo quel che vogliamo? Rendere l’incontro con Dio un’occasione di divertimento, di svago “sano”? So di toccare delle corde sensibili, ma come Timoteo desidero non aver nulla di cui vergognarmi e, soprattutto, come insegnava il mio mentore, essere uno “che tagli rettamente la parola della verità”. Resto ancorato alla Scrittura, e siccome l’umiltà precede la gloria sempre, forse familiarizzare con lei potrebbe essere di aiuto. Etimologicamente l’umiltà è da ricondursi al latino humus (terra), pertanto umile è colui il quale proviene dalla terra. Interessante ricordare che anche la parola uomo deriva da humus, significa quindi “creatura generata dalla terra, creatura umile”. L’umile, cioè colui che non giudica, non critica, non si vanta, non disprezza, non si esalta, non cerca la propria gloria è un soggetto in via d’estinzione, ormai fuori moda.


Compito della predicazione biblica resta il primo strumento di salvaguardia del benessere spirituale generale. Solo chi è vocato al ministero sa quanto sia tremendamente complicato essere al timone di una comunità, sradicare e abbattere e anche seminare e costruire. Ancor di più lo è difendere e custodire. Solo chi è in prima linea conosce i momenti in cui tutte le motivazioni vanno affievolendosi, la passione langue e il cuore affranto vacilla. Ma come fu per Geremia, proprio allora avvertiamo in noi come un fuoco ardente che ci ravviva e ci consente di continuare. Non lasciamoci attrarre da luci e/o effetti speciali, ma ricerchiamo la parola predicata senza alcun compromesso e da Dio approvata. Nel racconto della natività Luca porge la lieta notizia in primis ai pastori al pascolo, a dirci che Dio cerca e si rivela agli umili, i quali sono invitati ai piedi del Cristo. Corriamo ogni giorno il rischio di lasciarci trascinare dal fare di una società che non sa guardare al cuore, da un mondo con scarse virtù morali. Fuggiamo dagli insegnamenti e dai precetti biblici, perché li riteniamo scomodi, non utili alle nostre meschine esigenze. Donaci, Signore, di invertire la rotta perché la felicità non è salire più in alto - sopra gli altri - ma servire chi ha bisogno, come hai fatto tu, comprendendo che per essere grandi bisogna prima di tutto essere e diventare piccoli. Il nostro fine è predicare l’evangelo affinché più persone giungano a salvezza ed entrino nel regno di Dio. Tutto ciò che ci conduce in direzione diversa è da evitare. Ecco il senso dell’esortazione rivolta a Timoteo, e che dovrebbe essere monito per ogni credente.


 

Piano di lettura settimanale

della Bibbia n. 47

13 novembre Lamentazioni 1-2; Ebrei 10:1-18

14 novembre Lamentazioni 3-5; Ebrei 10:19-39

15 novembre Ezechiele 1-2; Ebrei 11:1-19

16 novembre Ezechiele 3-4; Ebrei 11:20-40

17 novembre Ezechiele 5-7; Ebrei 12

18 novembre Ezechiele 8-10; Ebrei 13

19 novembre Ezechiele 11-13; Giacomo 1



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