Onorerai tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano lunghi sulla terra che l'Eterno, il tuo Dio, ti dà.
Esodo 20:12
Il quinto comandamento è l’unico cui è abbinata una promessa ed è quello che apre la tavola della relazione con il prossimo. Nasce spontaneo chiedersi chi sia il nostro prossimo più imminente, o meglio la persona con la quale ogni individuo, venendo al mondo, vede per primo. In genere la prima persona con cui un bambino viene in contatto è la madre, e il punto di riferimento della crescita di ogni fanciullo sono il padre e la madre. Il primo prossimo di ogni essere umano, quindi, sono i genitori e la seconda tavola parte proprio da loro. Solitamente si è indotti a pensare che onorare i genitori vada inteso come dover loro ubbidire, ma non è questo il significato. Non è l’ubbidienza quella che è richiesta, poiché il verbo usato è “onorare”, innanzitutto riconoscenza per il bene ricevuto. E se non ci fosse motivo di gratitudine per mancanza di cura resta il dono della vita. Nella realtà attuale è fortemente sentito il concetto di assistenza sociale. Lo stesso non può dirsi per il contesto sociale del popolo di Israele, nel quale era del tutto assente una tale esigenza. Di conseguenza chi, invecchiando, non poteva più procurarsi da vivere con le proprie mani rischiava di essere abbandonato a se stesso e messo da parte. La legge di Dio, al contrario, è legge d’amore e il prossimo è il primo ad essere amato! Essendo i nostri genitori il nostro primo prossimo, l’onorarli si realizza proprio nelle cure necessarie, quando vengono a trovarsi in uno stato di non sufficienza.
La vita è ciclica; chi oggi è figlio domani si ritroverà ad essere padre o madre. Va riconosciuta importanza ai genitori poiché sono coloro che ci hanno donato la vita; volenti o nolenti, la vita del figlio è da essi proceduta. Vi è una forma di cooperazione con il Creatore, vi è un trasferimento del dono della vita. Pertanto l’onore consiste nel riconoscere che la vita che abbiamo grazia di vivere e ministrare è proceduta da un padre e una madre. Senza di loro non vi sarebbe stata la propria vita. Il riconoscimento della loro cooperazione con il divino si manifesta con l’onore. Onorare i genitori è onorare Dio. Infatti, la radice del termine ebraico “onorare” è composto da tre consonanti: KBD, le stesse che compaiono in un altro termine molto conosciuto KABED, ovvero la gloria dell’Eterno. Di conseguenza, la gloria di Dio e il termine onore, riferito a quello che andrebbe dato ai genitori, hanno la stessa radice. Teologicamente ciò apre ad una prospettiva, ossia l’onore che diamo ai genitori è un modo di glorificare Dio. In definitiva, la Legge ci insegna che è nel prossimo che possiamo vedere Dio, e il nostro primo prossimo sono proprio i genitori. A questi deve andare l’onore poiché è in loro che possiamo vedere la gloria di Dio. Il discorso ha un senso se applicato a una comunità di fede, dove i genitori trasmettono insegnamenti ai figli e questi li onorano in virtù della fede ricevuta. Un tale modo di ragionare non può essere esteso a chi di cristianesimo e di cultura biblica non conosce nulla. Tantomeno lo si può riferire a quei genitori che abbandonano o seviziano i propri figli, né a quei figli che abbandonano i genitori in uno stato di indigenza.
Un professore di giudaismo sostiene che tanto siamo incuriositi dalla promessa «i tuoi giorni siano lunghi sulla terra che l’Eterno, il tuo Dio, ti dà» da renderci speranzosi che il nostro onorare i genitori ci farà vivere una lunga vita. Nel libro del Deuteronomio ricorre la stessa promessa legata al comandamento, ma è rinchiusa in un brano che potrebbe sembrare fantasioso e simpatico: «Se, cammin facendo, ti capita di trovare su un albero o per terra un nido di uccello con gli uccellini o con le uova e la madre che cova gli uccellini o le uova, non prenderai la madre con i piccoli; ma lascerai andare la madre e prenderai per te i piccoli, affinché tu possa prosperare e prolungare i tuoi giorni» (Deuteronomio 22:6-7). Onorare i genitori è come lasciar scappare la madre degli uccellini, ossia una difesa della madre degli uccellini, come difesa della fonte della vita. La madre rappresenta colei che ha dato vita ed è chiamata a farlo ancora. Vi è una sorta di santo rispetto verso coloro che danno la vita, inteso non solo nel senso materiale ma anche in senso spirituale o professionale. Basti pensare al maestro con i discepoli; il padre spirituale con i credenti; i genitori naturali con i figli naturali. Tutti coloro che sono chiamati a dare vita devono sentirsi onorati.
Per approfondire il tema, consiglio la lettura del libro Le dieci parole per tutti
Piano di lettura settimanale
della Bibbia n. 08
15 febbraio Levitico 17-18; Mt 27:27-50
16 febbraio Levitico 19-20; Mt 27:51-66
17 febbraio Levitico 21-22; Matteo 28
18 febbraio Levitico 23-24; Mr 1:1-22
19 febbraio Levitico 25; Marco 1:23-45
20 febbraio Levitico 26-27; Marco 2
21 febbraio Numeri 1-2; Marco 3:1-19
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Foto di john meyer, www.freeimages.com
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