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  • Writer's pictureElpidio Pezzella

Un Padre veramente prodigo

Mi leverò e andrò da mio padre, e gli dirò: Padre, ho peccato contro il cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio; trattami come uno dei tuoi lavoratori salariati".

Luca 15:18-19

“Non voglio sapere nulla più di Dio. Non mi risponde e siccome non ha cura di me, Lui se ne va per i fatti suoi ed io per i miei”. Forse proprio i tuoi pensieri… Capita a chiunque di ritrovarsi in una situazione tale in cui non saremo contenti e addosseremo le colpe a qualcuno. Solitamente il colpevole prescelto è Dio. Anche il giovane della parabola lucana è in una pessima condizione, ma piuttosto che cercare colpevoli, “rientra in sé” (v. 17), prende consapevolezza che è il momento di tornare a casa e umiliarsi dinanzi al padre, perché il perdono richiede un cammino a ritroso. Predispone così il piano di rientro, prevedendo l’eventuale reazione paterna. Se prima era stato un dilapidatore, ora cerca di calcolare tutto. Quando sta per imboccare il sentiero di casa, l’ansia lo assale, forse è in preda al dubbio: “Vado o non vado? Cosa mi aspetta? Cosa farà mio padre?” Un po’ come Giacobbe il giorno precedente l’incontro con Esaù, dopo un ventennio nelle terre lontane dello zio Labano. Mentre sta combattendo con i suoi pensieri, raccogliendo quel poco di forza che gli è rimasta per vincere le ultime resistenze, il padre lo scorge da lontano e non esita a corrergli incontro. Prima che proferisca parola, è stato già raggiunto, nel mentre che ordinava gli ultimi pensieri e cercava di mettere in fila le parole, e ora è stretto in un immenso paterno abbraccio, coperto di baci sul collo.


Secondo l’usanza del tempo il padre avrebbe dovuto attendere il figlio sulla soglia di casa, fermo, in piedi. Era disdicevole che un padre corresse verso un figlio. Per giunta la sua è anche una corsa disordinata, dato che il testo dice letteralmente «correndo cadde sopra il collo di lui». Luca dipinge una scena, nello stesso tempo, drammatica e straordinaria: il padre corre verso il figlio e nella foga di toccarlo inciampa, lo investe quasi a volerlo riportare nelle sue viscere paterne. Poi lo bacia senza ritegno e senza fine, fino a reintegrarlo come figlio rigenerato. Il bacio è un gesto d’amore totale, segno del perdono totale. Esprime comunione, condivisione, totalità. I baci del padre non sono disgiunti dal fatto che «cadde sul collo di lui», quasi a dire che intende raccoglierlo nel suo grembo e goderselo come figlio partorito per la seconda volta, sono il segno eloquente del ripristino dell’intimità senza riserve. L’azione del cadere addosso indica che il padre lo copre con tutta la sua persona, facendo da scudo alla fragilità del figlio e rincuorandolo. Il secondogenito non fa in tempo a dichiarare il suo pentimento che già si trova «baciato» dal padre: è perdonato prima ancora di chiedere perdono. Abbiamo dinanzi a noi una tenera immagine del Padre celeste. Davanti al possibile recupero, nessuno può bloccare la gioia incontenibile, che suscita atteggiamenti e comportamenti che possono apparire non consoni alla dignità di chi li compie. Colui che ci ha dato vita biologica alla nascita, che non ha esitato a donarci la vita dell’Unigenito figlio, non esita a recuperarci per amore del Suo buon nome.


Quante volte hai pensato di andar a parlare con qualcuno preparando mentalmente tutto il discorso, cercando di immaginare tutto quello che potesse accadere. Anche questo giovane ha preparato il suo discorso, ma è stato sopraffatto prima di cominciare. E mentre è nella morsa del padre, comincia a farfugliare qualcosa: “Padre, ho peccato contro il cielo e davanti a te, non sono più degno di essere trattato come un tuo figlio”. Ci siamo quasi. Era al punto di chiedere umilmente “trattami come uno dei tuoi servitori”, che il padre lo interrompe e chiama i suoi servi. Sono state sufficienti le prime contrite e sincere parole. Nel momento tragico, quando doveva finire la sua figliolanza, mentre stava per offrirsi come servo, Luca dice che il padre ordina ai servitori di portare la veste più bella e di rivestirlo, mettergli un anello al dito e dei sandali ai piedi. Accade quello che non era stato previsto, perché Dio è colui che può “fare smisuratamente al di là di quanto chiediamo o pensiamo” (Efesi 3:20). La sua veste non testimoniava la sua nobiltà, i suoi piedi erano scalzi e l’anello di un tempo venduto, mentre il pugnale era rimasto al suo fianco. Il padre gli sta dicendo praticamente: “Tu sei mio figlio e non puoi fare il servo in casa nostra; non sarai mai uno dei miei lavoratori”. Ecco la generosità di questo padre, veramente prodigo come nessuno. Nonostante il figlio ha dilapidato ciò che il padre gli aveva dato, ora ha una seconda possibilità, è riabilitato come figlio.



Puoi approfondire il tema e l’intera parabola con il mio libro “Un padre e due figli”.


 

Piano di lettura settimanale

della Bibbia n. 49

28 novembre Ezechiele 33-34; 1Pietro 5

29 novembre Ezechiele 35-36; 2Pietro 1

30 novembre Ezechiele 37-39; 2Pietro 2

01 dicembre Ezechiele 40-41; 2Pietro 3

02 dicembre Ezechiele 42-44; 1Giovanni 1

03 dicembre Ezechiele 45-46; 1Giovanni 2

04 dicembre Ezechiele 47-48; 1Giovanni 3



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