Non temete, perché vi annunzio una grande gioia che tutto il popolo avrà; poiché oggi nella città di Davide è nato per voi un Salvatore, che è Cristo, il Signore.
Luca 2:10-11
Lo scorso anno ha mutato usanze e costumi in tutto il mondo, impattando terribilmente anche sul periodo più festoso dell’anno, con limitazioni e obblighi da rispettare. Quest’anno, nonostante il ritorno della pandemia, ci hanno provato a livello europeo ad abbassare i riflettori sulla festa per eccellenza, quella che, oltre ogni divergenza ecclesiale o veduta dottrinale, consente in qualche modo di parlare del Cristo e della fede cristiana. In barba alle tradizioni e ai riti del periodo, che nulla possono contro il covid che anche quest’anno ha deciso di farci compagnia, mi unisco a coloro che ritengono che è tempo di riportare Gesù al centro. Le parole che nel racconto di Luca l’angelo annuncia ai pastori sono chiare: una grande gioia è connessa alla nascita del Cristo. Parafrasando una nota pubblicità, si potrebbe dire: “No Jesus, no party, no joy”. Non saranno gli addobbi o le luci ad infondere in noi la gioia se poi interiormente siamo avvolti da nubi di ansie e preoccupazioni varie. Ogni forma di maschera e di ipocrisia troverà presto il suo tempo. Perché nascondersi o coprirsi di falsità? Dovremmo piuttosto che protenderci su noi stessi e il nostro privato, allargarci all’altro.
Quando molti sognano almeno per un giorno un mondo migliore, famiglie felici, ospedali vuoti, chiese stracolme, bambini felici con i loro giocattoli, tavole imbandite dappertutto, occorre guardarsi attorno e rivedere le nostre consuetudini nel rispetto di chi ha il cuore a pezzi, gli occhi bagnati e un enorme groppo alla gola. Innanzitutto riscoprire che quello simpaticamente definito “spirito natalizio” è tutt’altro dal divertimento e dalla baldoria, ma solidarietà e vicinanza. In questi giorni forse avremo modo di pensare maggiormente anche a chi vive in case famiglie e di accoglienza, case di detenzione e di cura. Se abbiamo un minimo di fede, converremo che il ricordo del Cristo non può legarsi ad una celebrazione imposta da un calendario liturgico, e che quel che conta veramente è ciò che Egli ha posto innanzi a ciascuno: “Ed egli abiterà con loro; e essi saranno suo popolo e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, e non ci sarà più la morte, né cordoglio né grido né fatica, perché le cose di prima son passate” (Apocalisse 21:3-4).
Non tutti sanno che all’origine di questa festa c’era un bisogno teologico per rispondere a chi sosteneva che Gesù non avesse natura divina e solo al battesimo nel Giordano riceva la pienezza divina. La scelta della festa, seppur calata su una realtà pagana dell’Impero, consentiva di dichiarare che Dio si era fatto uomo in Cristo sin dall’inizio, e che quel bambino era il Figlio di Dio già alla nascita. Ecco allora che questo periodo dovrebbe favorire il ricordo delle tante acclarate origini cristiane della nostra società, ossia aiutare a volgere lo sguardo su Colui che un giorno è venuto a dimorare in mezzo a noi, assumendo natura umana nel seno di Maria e venendo alla luce in una umile stalla a Betlemme, per testimoniarci l’amore di Dio per ognuno, talmente immenso da lasciare la Gloria del cielo e farsi come noi con l'intento di renderci partecipi del Cielo, riconciliandoci al Padre mediante la Grazia. Infatti, proprio questa prospettiva diventa consolatoria in un tempo di sofferenza e lacrime. La nascita del Cristo non è fine a sé stessa. Egli non è venuto per lasciarci una festa, ma per aprirci le porte del Cielo, per aiutarci a vivere questa esistenza come viatico verso il Suo regno, per donarci quanto stiamo agognando. Le sue indicazioni sono di aggrapparci a lui come i tralci alla vite, così che «la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia piena» (Giovanni 15:11).
Sarà Natale se Egli abita nella tua vita, se hai scelto di confidare nell’Eterno. Non sarà questione di un giorno in particolare, ma di condizione interiore, per cambiar la quale non basteranno auguri e auspici vari. Fin quando non sarà Lui al centro della nostra esistenza non riusciremo a comprendere pienamente il senso delle parole a Nicodemo: «In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio» (Giovanni 3:3). Già allora Gesù anticipava la meraviglia di un uomo professante la fede di Israele. Basterebbe questo per comprendere che non si tratta di rinnovare un rito o di posizionare un bambinello su un presepe. La stalla e la mangiatoia dovrebbero indicare a tutti la via dell’umiltà, per dare inizio a un nuovo percorso senza nulla pretendere, ma lasciare che il Cristo abiti la propria esistenza. Se questo non è ancora accaduto, possa allora essere questa la settimana del Natale nella tua vita. Nasci di nuovo in Cristo. Afferra il dono di Dio e lasciati illuminare dalla Sua luce.
Piano di lettura settimanale
della Bibbia n. 52
20 dicembre Michea 1-3; Apocalisse 11
21 dicembre Michea 4-5; Apocalisse 12
22 dicembre Michea 6-7; Apocalisse 13
23 dicembre Nahum; Apocalisse 14
24 dicembre Habacuc; Apocalisse 15
25 dicembre Sofonia; Apocalisse 16
26 dicembre Aggeo; Apocalisse 17
Foto di Krisph, www.freeimages.com
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